Dario Fo, "Manuale minimo dell’attore", Einaudi., 10 aprile 2002
"Nei dintorni di Venezia, ad esempio nella zona del Polesine, dove il livello dell’acqua scende a poche spanne di profondità, esistono imbarcazioni dette ”barche de’ stciopo”
"Nei dintorni di Venezia, ad esempio nella zona del Polesine, dove il livello dell’acqua scende a poche spanne di profondità, esistono imbarcazioni dette ”barche de’ stciopo”. E’ una barca lunga con una murata piuttosto bassa. Normalmente vi remano due o tre persone con remi a pertica; conficcano il lungo palo nel terreno della laguna, danno la spinta in avanti: uno, due, tre – ohhop, ohhop, lo ritirano, lo spollevano, tornano ad affondarlo, spingono ohhop – un due – ohhop, ohhop. Questo cadenzare di tempi ed esclamazioni risulta indispensabile se non si vuole scaracollare, nel senso che, essendo in due a remare, basta che l’altro compia un gesto fuori tempo e la barca, che è leggerissima, si rovescia. Gli uomini remano all’impiedi, in equilibrio precario, e hanno bisogno di rispettare i tempi, eseguendo gesti costanti, scanditi dal ritmo di un canto... Attraverso una serie di varianti, il movimento di voga si trasforma in danza. Ma c’è un altro fatto interessante: la metrica, in settenario con piede di cinque. E’ il classico settenario che ritroviamo negli strambotti e nei contrasti all’inizio della storia della letteratura italiana, e ci domandiamo di colpo: ma chi, per primo, ha usato il settenario col piede di cinque? Furono i vogatori oppure i poeti?" (Dario Fo, ”Manuale minimo dell’attore”).