varie, 14 aprile 2002
ROSSI Nicola Andria (Bari) 9 dicembre 1951. Politico • «Quando Massimo D’Alema era segretario dei Ds, e soprattutto quando era presidente del Consiglio, era circondato da personaggi molto potenti che lo indirizzavano, lo aiutavano, lo consigliavano
ROSSI Nicola Andria (Bari) 9 dicembre 1951. Politico • «Quando Massimo D’Alema era segretario dei Ds, e soprattutto quando era presidente del Consiglio, era circondato da personaggi molto potenti che lo indirizzavano, lo aiutavano, lo consigliavano. Era il cosiddetto staff, a capo del quale era Claudio Velardi. Uno di loro era Nicola Rossi [...] guru dell’economia. [...] Le sue posizioni sono sempre quelle ultrariformiste. [...] ”Subito dopo le elezioni del ’94 Salvatore Biasco e Vincenzo Visco mi chiesero di entrare nel comitato scientifico del Cespe, l’istituto economico dei Ds. Ci si riuniva e si scrivevano dei pezzi di carta che finivano sul tavolo del segretario. Cominciò così [...] D’Alema è uno che ascolta. Non esiste politico che ascolti, come lui, per un’ora, senza nemmeno rispondere al telefonino [...] Palazzo Chigi, con D’Alema, è stato l’unico vero tentativo di fare della presidenza del Consiglio un luogo di indirizzo e non di mediazione fra potenti. Fino ad allora il premier si preoccupava semplicemente di mettere d’accordo i ministri. Era un salotto. Il dipartimento per gli affari economici, con il quale lavoravo io, doveva fare in modo che l’operato dei ministeri corrispondesse all’impegno che il governo aveva assunto. E non è casuale che il primo atto di Tremonti, come ministro, sia stato di chiedere a Berlusconi di azzerare questa struttura. Cosa che irresponsabilmente Berlusconi ha accettato [...] Il consigliere deve fare lo sforzo di capire che al suo ragionamento pre-politico va necessariamente aggiunto un ragionamento politico [...] Io non sono un liberista. Ma ho certamente una forte venatura liberale” [...] ”Meno ai padri più ai figli” è stato il suo fortunato slogan. [...] ”Mi criticano: le cose che dici non sono insensate però non bisogna mai dire a qualcuno che gli levi qualcosa [...] Di me non si può dire che non abbia a cuore la giustizia sociale e l’equità. Non è corretto insinuare che io sia di destra [...] Scrivo cose che a volte non piacciono. E spesso irritano. Riformisti per forza ha avuto l’onore di una recensione sovietica. Una sostanziale messa all’indice. Questo libro non si deve leggere [...] Non ho mai amato Pecoraro Scanio. Se io fossi in lui mi domanderei come è possibile che un ministro del centro-sinistra abbia usato parole e comportamenti identici ad un ministro dell’ala più oltranzista del centro-destra. Da Pecoraro Scanio ad Alemanno senza alcun cambiamento [...]”» (Claudio Sabelli Fioretti, ”Corriere della Sera - Magazine” 7/10/2004).