Varie, 14 aprile 2002
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Saramago Jose
• Azinhaga (Portogallo) 16 novembre 1922 Tias (Spagna) 18 giugno 2010. Scrittore. Premio Nobel per la Letteratura 1998. Fino al 1974 fu essenzialmente un giornalista, membro del partito comunista portoghese all’epoca fuori legge. Libri: Probabilmente allegria, Memoriale del convento, L’anno della morte di Riccardo Reis, Il vangelo secondo Gesù, Viaggio in Portogallo • «Da quando si è affacciato sulla scena letteraria internazionale ha dimostrato di saper ogni volta individuare i ”temi caldi” del momento, facendo dei suoi libri le metastorie o, se vogliamo, le parabole portatrici di fantasia riconosciutegli dalla giuria del Nobel. Ma non è né un filosofo né un antropologo e neppure uno studioso del genoma umano. uno scrittore che negli anni ci ha abituati a leggere nei comportamenti degli uomini, nei loro gesti, nelle loro esclamazioni, nelle loro parole, quanto dell’uomo compare all’esterno e ce lo fa trasparente attraverso la nostra stessa esperienza» (Luciana Stegagno Picchio, ”la Repubblica” 20/2/2003) • «Un premio Nobel è come un giocatore di calcio. Non può sedersi sugli allori. Quel che ha fatto ieri non conta se non per quanto fa ancora oggi. […] Ha continuato a scrivere. Impetuosamente, assoggettandosi a periodi di clausura, di distacco da tutto e tutti. […] Fin dai suoi primi romanzi, frettolosamente classificati dalla critica come romanzi storici, aveva chiarito che i romanzi storici volevano essere ricostruzione di una figura o di una società come esse erano state, con le inevitabili potature di avvenimenti e di particolari che non rientravano nel quadro di quella invenzione storico-letteraria. Che la storia stessa era solo un’invenzione letteraria. Che nei suoi libri le cose accadevano in un tempo senza distinzione fra passato e presente. Dove il presente era la schiuma che arrivava alla spiaggia sulla cresta dell’onda, mentre il passato era tutto il mare che muoveva quell’onda» (Luciana Stegagno Picchio, ”la Repubblica” 16/11/2002) • «Scrive perché non gli piace il mondo in cui vive. Che il mondo sia come sia, non felice, è ciò che lo costringe ancor oggi, in tarda età, ad affrontare la pagina bianca. Sospinto da questa convinzione ammette, accompagnando le parole con un amabile sorriso: ”Noi scrittori ci nutriamo dell’infelicità del mondo, perché senza i dubbi, le insoddisfazioni, la perplessità, i dissapori, le tragedie, la letteratura finirebbe […] Il mio umorismo e la mia ironia esprimono angustia, dubbio. Quando ero un bambino passavo vicino a un cimitero e fischiavo per superare la paura. Oggi esiste la paura, una specie di nebbia che avvolge la vita. C’è la paura di perdere il lavoro, di non potere pagare l’ipoteca della casa, e tante altre. il sentimento dominante”» (Mino Vignolo, ”Corriere della Sera” 20/1/2003) • «’Ululiamo, disse il cane”. In tutti i libri di Saramago, i cani, accanto alle donne, sono fra i personaggi più chiaroveggenti, più intuitivi e responsabili. Protagonisti privilegiati, motori del racconto: le donne, dalla Blimunda del Memoriale del convento alla moglie del medico di Cecità, i cani, dal cane Costante di Rialzato dal suolo, al ”cane delle lacrime” ancora di Cecità, al cane Trovato della Caverna. [...]» (Luciana Stegagno Picchio, ”la Repubblica” 14/9/2004).