Macchina del tempo giugno 2002, 16 aprile 2002
Si muove sinuosamente, agitando le pinne (le pinne sono quella specie di elica in alto a destra) e muovendo i finissimi tentacoli
Si muove sinuosamente, agitando le pinne (le pinne sono quella specie di elica in alto a destra) e muovendo i finissimi tentacoli. Questa specie di calamaro gigante, lungo 4-5 metri, è un animale ancora senza nome: è stato trovato a 3.380 metri sotto il mare ad Ohau, nel Nord della Nuova Zelanda. Lo ha incontrato un robot teleguidato dell’acquario californiano di Monterey Bay. Non a caso: a quella profondità la pressione supera le 300 atmosfere (circa 300 kg su ogni cm2), la temperatura oscilla fra uno e due gradi sotto zero, e il buio è impenetrabile. Qui possono avventurarsi solo gli speciali batiscafi teleguidati progettati per fotografare – e quando è possibile – prelevare esemplari di pesci abissali: vermi, meduse, crostacei, celenterati e soprattutto pesci ossei, spesso muniti di occhi sporgenti, bocche enormi e denti aguzzi per catturare più prede possibili. «Gli abissi – spiega Flegra Bentivegna, curatrice dell’Acquario della stazione zoologica Anton Dohrn di Napoli – celano specie misteriose, che vivono in condizioni estreme. Alcune, ad esempio, sono dotate di fotofori, organi capaci di produrre luce per orientarsi nell’oscurità. Quasi tutte hanno un metabolismo ridotto al minimo, per la difficoltà a trovare di che nutrirsi in questo ambiente ostile». Anche l’Italia, comunque, è un interessante laboratorio per lo studio dei pesci abissali: nello stretto di Messina, infatti, non è raro pescare o trovare sulla spiaggia alcuni esemplari trascinati dalle correnti ascensionali dello stretto, che risucchiano in superficie gli abitanti delle viscere marine.