Ennio Caretto, ìCorriere della Seraî 8/4/2002, 8 aprile 2002
Pellerossa. Secondo sette antropologi, archeologi e storici delle nazioni pellerossa, interpellati dalla rivista ”Atlantic”, nel 1492, l’anno della scoperta dell’America, «era meglio essere indiano che europeo»: la qualità della vita era superiore (non la durata, all’incirca la stessa) e l’ambiente, le case in legno, più salubre dei bassifondi cittadini
Pellerossa. Secondo sette antropologi, archeologi e storici delle nazioni pellerossa, interpellati dalla rivista ”Atlantic”, nel 1492, l’anno della scoperta dell’America, «era meglio essere indiano che europeo»: la qualità della vita era superiore (non la durata, all’incirca la stessa) e l’ambiente, le case in legno, più salubre dei bassifondi cittadini. Secondo le testimonianze dei primi coloni, gli uroni consideravano gli europei meno intelligenti di loro, mentre gli irochesi li trovavano deboli, brutti, inaffidabili e sessualmente promiscui. Ancora più avanzata la civiltà sudamericana: nel 1519, quando Hernàn Cortés entrò a Tenochtitlan, capitale degli aztechi, «scoprì una città più grande e più ordinata di Madrid e di Parigi, senza sporcizia nelle strade, con splendidi giardini botanici e campi rigogliosi».