R. Mercuri, Salute di Sorrisi e canzoni, n.36 aprile 2002 pag.70, 18 aprile 2002
Tabù. Io vorrei, non vorrei... ma se vuoi. Un tempo era «tabù», e quindi eccitante, persino una caviglia intravista al di sotto del lembo di una gonna
Tabù. Io vorrei, non vorrei... ma se vuoi. Un tempo era «tabù», e quindi eccitante, persino una caviglia intravista al di sotto del lembo di una gonna. Oggi, invece, non ci si scandalizza più di nulla (o quasi): i corpi seminudi di attrici e soubrette sono in mostra ovunque e la maggior parte delle pratiche erotiche non turba nessuno, a patto che ci sia il consenso di entrambi i partner. «Questo fenomeno», dice Emmanuele A. Jannini, professore di sessuologia medica presso l’Università dell’Aquila «è per certi aspetti positivo. Il tabù è un fatto culturale, che cambia di epoca in epoca. I cinquantenni di oggi, nell’adolescenza, si eccitavano sfogliando riviste che i loro figli non degnerebbero di uno sguardo. vero che una società con pochi divieti erotici diminuisce il fascino della scoperta, ma è altrettanto vero che garantisce meno patologie, meno perversioni, insomma meno dolore. Più si vieta, più si alimenta il gusto morboso del proibito». Alcune signore, però, continuano ad essere infastidite da particolari richieste sessuali dei compagni: «Ma qui bisogna distinguere: se la donna non accetta una pratica perché non le piace, lui deve rispettare i suoi gusti. Se invece si tratta di un tabù che può incrinare la relazione, i partner possono tentare di capirne insieme i motivi per superarlo», conclude Jannini.