Martino Sacchi - Macchina del Tempo Anno 3 n.5 Maggio 2002, 20 aprile 2002
Purché il moto sia uniforme. Gli astronomi che vennero dopo Aristotele si comportarono invece come gli scienziati moderni: dal momento che il sistema di Eudosso poneva dei problemi che non poteva risolvere, cercarono altre soluzioni
Purché il moto sia uniforme. Gli astronomi che vennero dopo Aristotele si comportarono invece come gli scienziati moderni: dal momento che il sistema di Eudosso poneva dei problemi che non poteva risolvere, cercarono altre soluzioni. L’unico aspetto che rimase costante fu il fatto che venivano previsti solo moti circolari e uniformi. Nel corso del III secolo a.C. si diffusero così due nuovi modelli geometrici per interpretare il moto dei pianeti: quello detto ”epicicloidale” e quello detto ”eccentrico”. Nel primo, il pianeta ruota a velocità costante su un cerchio, detto appunto ”epiciclo”, il cui centro si sposta a sua volta su un cerchio più grande detto ”deferente” con al centro la Terra. Nel secondo, il pianeta ruota su un cerchio il cui centro è spostato all’esterno della Terra. Da un punto di vista geometrico sono equivalenti e hanno entrambi lo scopo di far variare la distanza dei pianeti dalla Terra (spiegando anche la variazione di luminosità) giustificando il moto retrogrado dei pianeti. Non si trattava però di una descrizione della realtà, come se nel cielo esistessero veramente delle specie di gigantesche manovelle, ma solo di ipotesi introdotte per giustificare il movimento dei pianeti. In effetti, anche a causa dello scarso numero di osservazioni che gli astronomi avevano a disposizione, i due sistemi interpretavano i fenomeni osservati in modo convincente, e sembravano confermare il presupposto secondo cui il moto fondamentale fosse quello circolare e uniforme.