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 2002  maggio 05 Domenica calendario

Come ogni vivente, l’uomo proviene da un’unica cellula comparsa sulla terra tre miliardi e mezzo di anni fa

Come ogni vivente, l’uomo proviene da un’unica cellula comparsa sulla terra tre miliardi e mezzo di anni fa. La nostra storia naturale è dunque un lungo e straordinario processo che va dal semplice al complesso e che chiamiamo Evoluzione. Anche l’individuo si sviluppa, come ogni organismo superiore, da una singola cellula, l’uovo fecondato. Giunto alla maturità, il nostro corpo comprende circa sessanta miliardi di cellule, diversissime tra loro ma cooperanti in un complesso unitario di sistemi che consente all’organismo di svolgere i suoi compiti. Possiamo guardare al corpo da differenti punti di vista: il poeta vi vede la reggia dell’anima; lo psichiatra, il contenitore della mente; il genetista, il veicolo dei geni; l’antropologo, un accumulatore di cultura. Ognuna di queste visioni ha la sua logica, ma il concetto che attraversa un po’ tutta la storia della medicina e della filosofia occidentali è l’idea del corpo come macchina, come complesso di apparati che lavorano in sintonia per raggiungere obiettivi diversi, quali comporre una sinfonia o scalare una montagna. Prendiamo lo scheletro. L’uomo ha scelto, per così dire, la stazione eretta un paio di milioni di anni fa, una ”decisione” che ne ha plasmato la struttura fisica. Lo scheletro è una struttura ossea legata da giunture e connessioni in un sistema di leve così bene calibrato da consentire la marcia, la corsa, il salto in relativa stabilità, nonostante la piccola base d’appoggio costituita dai piedi. Nell’adulto, 206 ossa ancorano i muscoli e proteggono organi vitali con soluzioni tecniche che vanno dalla superficie rotondeggiante del cranio alla forma ad anello delle vertebre. I 600 muscoli di cui siamo dotati sono come molle che agiscono sulle ossa per consentire il movimento. Sanno solo contrarsi ma conferiscono al sistema muscolare infinite possibilità, dalla corsa a ostacoli al governo della lingua nel parlare. Con i suoi 97mila chilometri di vasi grandi e piccoli, il sistema circolatorio porta il sangue in ogni parte del corpo. La sua più stupefacente caratteristica è mantenere il movimento rotatorio del fluido (in allontanamento dal cuore nelle arterie, verso il cuore nelle vene) nonostante la forza di gravità e la miriade di percorsi alternativi. La circolarità si realizza in quanto le arterie si suddividono in arteriole, che a loro volta si frazionano in capillari e alla fine i capillari si riuniscono in venule e queste in vene, vasi con all’interno valvole che impediscono al sangue di refluire. Attraverso il sistema venoso, il sangue esausto raggiunge il cuore e il cuore lo spinge ai polmoni per l’ossigenazione. Il sangue così rigenerato torna al cuore, pronto per un altro ciclo. Plinio il Vecchio, nella sua Naturalis Historia, sottolinea che gli uomini sono modellati in modo tale che «tra molte migliaia di individui non ne esistono neppure due che non possano venir distinti tra loro». Anche oggi che sulla Terra siamo diventati sei miliardi, l’osservazione di Plinio rimane esatta. Forti rassomiglianze nei tratti del volto sono riscontrabili e a volte sorprendono, ma l’identicità che consente uno scambio di persona esiste solo nella finzione teatrale. E molti secoli dopo Plinio ne abbiamo scoperto la ragione scientifica. I tratti somatici sono espressione delle proteine, le quali a loro volta sono controllate dai geni. Negli anni Cinquanta è stata messa a punto una tecnica, chiamata elettroforesi, che analizzando le proteine consente di misurare le differenze tra individui. La conclusione è stata che i geni presenti nella popolazione di una stessa regione geografica non sono affatto gli stessi; e che le 200mila differenze proteiche in due individui classificati entrambi come cinesi sono di poco inferiori a quelle emergenti quando un cinese è confrontato con un europeo o un africano. In altre parole, le differenze tra popolazioni sono solo marginalmente maggiori di quelle all’interno di una popolazione. Alla base di queste differenze c’è soprattutto un processo chiamato mutazione, cioè un cambiamento che si verifica perlopiù casualmente nel passaggio di geni dai genitori ai figli. Quando l’accidentale alterazione si ripete sull’arco di più generazioni, un gran numero di individui ne risulta interessato. Di solito la mutazione ha effetti catastrofici, ma ci sono casi in cui si rivela neutra o addirittura benefica, nel senso che rende la popolazione più adatta all’ambiente. La diversa forma del naso ha probabilmente questa origine. Il naso lungo tende a prevalere nelle regioni aride del Medio Oriente, mentre quello corto e largo tra le popolazioni che abitano la foresta umida. Lo stesso dicasi per la forma del torace, che negli eschimesi adatti al freddo (come in passato nei Neandertal, altra razza glaciale) è ampio e tozzo, mentre nei negri nilotici è stretto e allungato.