Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2002  maggio 05 Domenica calendario

Le cellule non si riproducono all’infinito: invecchiano, smettono di moltiplicarsi e infine muoiono

Le cellule non si riproducono all’infinito: invecchiano, smettono di moltiplicarsi e infine muoiono. Si è pensato che questo fenomeno coincidesse con l’invecchiamento dell’organismo ma non è così, infatti cellule provenienti da persone con più di cento anni si moltiplicano con facilità. Sembra quindi che l’invecchiamento dell’organismo sia, almeno in parte, indipendente da quello cellulare. La longevità potrebbe invece dipendere dal patrimonio genetico oltre che dall’influenza dell’ambiente. Particolarmente importanti sarebbero i geni che ci difendono dai danni causati dai raggi ultravioletti, dal calore e dai radicali liberi: il malfunzionamento di questo network di difesa rende impossibile mantenere l’equilibrio fra le funzioni dell’organismo e porta alla comparsa della senescenza. Inoltre molti geni del network hanno più versioni, chiamate alleli: alcune sono vantaggiose quando si è giovani, ma possono rappresentare un ostacolo alla longevità, e viceversa. La genetica della longevità deve tener conto anche del patrimonio genetico mitocondriale. I mitocondri sono organelli cellulari nei quali avviene il processo della respirazione che, oltre a produrre l’energia chimica necessaria alla cellula, può generare i radicali, fattori che danneggiano le proteine e il Dna. Negli organelli c’è una piccola molecola circolare di Dna che codifica 13 proteine coinvolte nella respirazione; questi geni, ereditati esclusivamente dalla madre, hanno delle varianti, di cui alcune sono più frequenti nei centenari. Ciò suggerisce che tali versioni potrebbero favorire la longevità, probabilmente per la loro maggiore efficienza nel metabolismo. Stefano Salvioli Dipartimento di Patologia Sperimentale (Università di Bologna)