Leni Riefenstahl - Macchina del tempo anno 3 n.5 maggio 2002, 5 maggio 2002
"Ho vissuto cinque vite", dice nella sua ultima autobiografia Leni Riefenstahl, la regista preferita di Hitler, che secondo le malelingue era anche una delle sue amanti, cosa che lei ha sempre decisamente negato
"Ho vissuto cinque vite", dice nella sua ultima autobiografia Leni Riefenstahl, la regista preferita di Hitler, che secondo le malelingue era anche una delle sue amanti, cosa che lei ha sempre decisamente negato. "Me l’hanno chiesto tutti, sempre: hai avuto una storia con Hitler? Hai fatto l’amore con lui? Io ridevo e rispondevo: no, ho fatto solo dei documentari per lui. Qualcuno ha detto: beh, è stato uno sbaglio. Dal punto di vista politico era meglio se ci facevi l’amore." Quel passato tragico è rimasto indietro, nel ventesimo secolo, ma lei va avanti con forza nel ventunesimo, senza mai cedere, e il 22 agosto compirà cento anni. Per quella data presenterà il film Impressioni sottomarine, che ha girato immergendosi duemila volte, fino all’anno scorso, tra le isole dell’Oceano Indiano e Pacifico, dalle Maldive alla Nuova Guinea. Nella prima delle sue cinque vite Leni si chiamava Berta Helene Amalie, era nata a Berlino nel 1902 in una famiglia piccolo borghese e suo padre, un uomo piuttosto autoritario, la voleva famosa a qualunque costo. ’Forse è stato lui - dice - a stimolare la mia ambizione’. La carica vitale però l’aveva dentro ed era quella che l’avrebbe portata, vincente nonostante tutto, all’appuntamento con il centesimo compleanno. Il suo motto, fin da giovanissima, era sempre stato "Mai desistere". Per amore di suo padre era entrata all’Accademia d’Arte. Imparava a disegnare, a dipingere, a scolpire, provava perfino a scrivere versi. A un certo punto aveva fatto una scelta, si era dedicata al balletto e alla danza artistica. Anni di impegno, di intensa fatica quotidiana, ma era una gioia accorgersi che il suo corpo rispondeva bene, sentire che stava diventando una vera danzatrice, che presto il mondo si sarebbe accorto di lei e suo padre sarebbe stato soddisfatto. Un giorno però si era fatta male a un piede. Pensava che sarebbe guarita presto, invece quell’incidente aveva interrotto la sua carriera. ’Non potrai più ballare’, le avevano detto i medici. La scalata al successo sembrava finita prima di cominciare, ma ci voleva ben altro per abbattere una come lei. Soprattutto non doveva ’mai desistere’. Ricominciò a dipingere, a studiare e intanto cercava un’altra strada. Passò un po’ di tempo prima che la trovasse, però quando l’ebbe di fronte capì che era la sua: il cinema, una seconda vita. Ci si gettò dentro a capofitto. Era il 1926, aveva ventiquattro anni e stava rinascendo. Una metamorfosi, come quella delle farfalle: perfino gli altri nomi che portava le erano caduti di dosso come una buccia inutile.