varie, 26 aprile 2002
BALDINI Franco
BALDINI Franco Reggello (Firenze) 3 ottobre 1960. Ex calciatore. Dal luglio 2011 direttore generale della Roma, società della quale era già stato direttore sportivo (fino al marzo 2005). Dal 2008 al 2011 braccio destro di Fabio Capello alla guida della Nazionale inglese • «Scoprì Samuel quando non lo conosceva nessuno. Sfruttò la sua conoscenza del mercato tedesco per arrivare a Emerson. Coi soldi di Sensi portò alla Roma Batistuta e Cassano. È sempre stato contro Moggi, e si vantava di trascorrere i lunedì a restaurare il suo teatro. […]» (Mattia Chiusano, “la Repubblica” 25/3/2005) • «Non era mai successo in questi primi cento anni di calcio che una tifoseria si innamorasse di un direttore sportivo, anziché di un centravanti. Franco Baldini faceva il procuratore e si occupava in particolare del calcio austriaco e tedesco. Portò alla Roma Paulo Sergio e Konsel: costarono due lire e Sensi assunse questo manager che parlava bene, ma soprattutto lo faceva risparmiare. Una coppia perfetta: elettrico il presidente, riflessivo l’altro. Quante battaglie insieme e che acquisti, da Batistuta a Samuel. Nacque la Roma dello scudetto. [...]» (R.R., “Il Messaggero” 3/11/2004) • «Colto, raffinato, contadino e teatrante, fedele, lettore appassionato, innamorato di tutto ciò che è arte, il numero di un calciatore o un Antonello da Messina o una stilografica, l’ultimo romanzo di Pennac o il primo di Proust e se gli chiedete chi si sente, chi insomma sarebbe se sapesse o scrivere o dipingere, il fiorentino Ghirlandaio o Masaccio oppure chi, lui vi risponde che, potendo, sceglierebbe un personaggio, non l’autore. Modestia. E il personaggio si chiama Benjamin Malaussène, di professione capro espiatorio. Di una stramba famiglia, di una città, del mondo, protagonista di mitici romanzi come La prosivendola, La fata carabina, Il paradiso degli orchi. La risposta romanista a Luciano Moggi ha, come si suol dire, visto la luce a Reggello, quattrocento metri d’altezza, millecinquecento anime, venticinque chilometri da Firenze. Suo padre faceva il contadino e lui, con i primi soldi, ha acquistato e rimesso in sesto il casolare presso il quale lavorava il babbo, che fa ancora il contadino, però in proprio e per gusto ed è un po’ meglio, se permettete. Abiterebbe in quel casolare con i due figli se il lavoro non lo portasse a Roma, a Madrid, a Leverkusen, ovunque ci sia un calciatore da vedere. A Reggello torna, cascasse il mondo e per un direttore sportivo il mondo casca spesso, ogni sabato e ogni lunedì. Con un gruppo di amici ha rilevato il cinema locale e l’ha trasformato in teatro. Gli altri recitano e anche lui qualche volta lo fa, ma di solito mette le mani sui copioni, riadattandoli al numero degli attori. Un problema rivisitare in versione amichevole e pro Reggello Trappola per topi. C’è riuscito e ne va fiero. Il sabato fa la maschera, tanto sa come va a finire. È stato un discreto calciatore. Discreto? Si arrabbia quasi. Buon calciatore e non se ne parli più. Lo chiamavano Baldinì con l’accento sull’ultima vocale, come Platinì, di cui era, racconta, una copia quasi perfetta. Un “dieci” di quei tempi, regista e goleador. Ha giocato con un mare di squadre e non sappiamo quanto questo vada a suo vantaggio. Nel mare anche Cremonese, Varese con Fascetti, Bologna, Bari e Foggia. Era in quel Campobasso che affrontò la Lazio negli spareggi napoletani e per poco non fece gol. A ventinove anni si è infortunato al ginocchio e ha continuato tra i dilettanti. Non è diventato il padrone di Reggello, però sotto il mattone qualche soldo l’ha infilato, tanto da poter mettere le mani su quel casolare che era diventato un chiodo fisso. Maturità classica, qualche esame all’Isef, tre a Lettere moderne. Il tempo era quello che era. Si ripromise allora di fare da solo, di studiare in proprio e ha vinto la scommessa. Va avanti a due libri a settimana e non vede l’ora di salire su un aereo per poter leggere in santa pace. Legge di tutto, divora per l’esattezza. Compra ciò che a naso ritiene gli possa piacere, senza distinzione di nazionalità e, chiaramente, di razza. Classici o moderni fa lo stesso, purchè riconosca all’autore un pizzico di genialità. Le buone letture aiutano anche nel calcio, tanto che il vice Lucchesi, Daniele Pradé, lo definisce con una sola parola: artista. Dell’artista avrebbe il colpo magico, la genialità, la mossa a sorpresa. Lasciato il pallone, ha fatto il procuratore con Roggi, ma dopo due anni si muoveva senza stampelle. Prese per il classico colpo di fortuna la procura italiana di Paulo Sergio e lo offrì a Franco Sensi, di cui guadagnò la stima con una mossa, appunto, da artista. Propose al presidente: mi dia soltanto la metà del compenso, l’altra metà se le cose vanno bene. Sensi se ne innamorò e sapete bene quanto sia difficile convincere il presidente della Roma, che prima di darti confidenza pretende almeno due anni di rapporti ravvicinati e freddi. Baldini vide Samuel e dopo diciannove minuti confidò a chi gli stava accanto che non aveva tempo da perdere. Bocciato? No, promosso: Samuel è un campione, disse prendendoci, perché lui soprattutto ci prende e se dice che uno non vale bisogna starlo a sentire. [...]» (Roberto Renga, “Il Messaggero” 12/4/2002).