Varie, 26 aprile 2002
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Gebrselassie Haile
• Assela (Somalia) 18 aprile 1973. Mezzofondista. Ha conquistato due ori olimpici nei 10 mila metri: ad Atlanta 1996 e a Sydney 2000. Sempre nei 10 mila, quattro ori mondiali: Stoccarda 1993, Göteborg 1995, Atene 1997 e Siviglia 1999. Bronzo a Edmonton nel 2001. Argento nei 5000 a Stoccarda 1993. Gebrselassie, in aramaico, significa «potere della trinità» •«Il boss gira per le strade di Addis Abeba cercando di non farsi riconoscere: occhiali scuri e tendine parasole abbassate. Se accadesse, la Mercedes grigia verrebbe fermata e circondata, e i postulanti, inginocchiati come davanti a un totem, si metterebbero ad acclamarlo. Una volta, alcuni giornalisti occidentali chiesero a una fila di tassisti chi fosse disponibile a trasportarli alla casa del boss. Scoppiò una rissa: ognuno aveva offerto il proprio taxi gratis pur di avere l’onore di avvicinarsi a quella casa. Il boss, “neftenga” in aramaico, si chiama Haile Gebresilasie. In Etiopia ha altri soprannomi: l’Imperatore, la Visione, il nostro Dio. Anche il suo cognome non scherza: in aramaico significa “potere della trinità”. Esagerazioni? Può darsi. Ma non in Etiopia: la capitale gli ha dedicato una via e una statua di bronzo in piazza. Qualcuno lo individua già come il prossimo ministro dello sport, anche se lui raffredda gli entusiasmi dicendo che la politica gli interessa poco. Intanto corre, corre e non si ferma mai, perchè da gran re del mezzofondo, forse il più grande che ci sia mai stato, ha fatto della corsa la sua religione. Dal 1993 ha vinto due Olimpiadi e quattro titoli mondiali. Ha inanellato 15 record. Nell’ultima edizione iridata, a Edmonton, si presentò nei 10 mila con un’imbattibilità che durava da 8 anni e da 14 finali. Aveva sofferto per tutta la stagione di terribili dolori ai tendini: in Canada corse il primo e unico 10 mila del 2001 e arrivò terzo. Neftenga ha interpretato la situazione come un segno del destino e ha deciso di cambiare aria, di allungare i tempi, di centellinare ancor di più lo sforzo fisico. […] Gebre insegue il mito di Abebe Bikila, il maratoneta scalzo che vinse due Olimpiadi consecutive, Roma ’60 e Tokio ’64. È il suo pallino fisso: “Non mi sentirò mai grande come Bikila finchè non vincerò un’Olimpiade”. Del mitico Abebe, il piccolo Haile ricorda la struttura fisica e la feroce determinazione con cui interpretava la gara: e, particolare curioso, è nato nel 1973, anno in cui Bikila morì. Per entrambi, la corsa è stata una necessità più che un piacere: “Correre è libertà” diceva Bikila. “Correre è scappare dalla povertà” ha aggiornato la massima il “boss”. È così che il contadinello che viveva ai margini della società - orfano di madre a 7 anni, con un papà che voleva diseredarlo perchè non si occupava degli affari della misera fattoria - è diventato uno degli uomini più potenti e popolari d’Etiopia: la sua compagnia, una holding che si occupa di costruzioni, dà lavoro a 200 persone. Sulle colline di Addis Abeba è in costruzione un’altra mega-villa, che sostituirà quella che adesso guarda il paesaggio dalle Entonto Mountains. Diventerà anch’essa una meta di pellegrinaggio. Il “boss” è abituato alle celebrazioni: quando rientrò dall’Olimpiade di Sydney, dove aveva conquistato il secondo oro olimpico, c’era più gente per le strade che al funerale dell’Imperatore (vero) Haile Selassie. E il film di cui “Gebre” è stato protagonista, Endurance, è stato proiettato per un mese di fila allo stadio di Addis Abeba, con ventimila spettatori a sera» (Claudio Colombo, “Corriere della Sera” 14/4/2002).