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 2002  aprile 26 Venerdì calendario

MATTHIAE Paolo

MATTHIAE Paolo Roma 9 gennaio 1940. Archeologo, insegna Archeologia e Storia dell’Arte del Vicino Oriente antico all’Università La Sapienza di Roma. Direttore degli scavi di Ebla in Siria dal 1964, ha curato la mostra sull’antica civiltà che si è tenuta a Roma e a Trieste nel 1995. Ha svolto anche un’intensa opera di revisione critica della storia artistica di Siria e Mesopotamia. Saggi: Ebla, la città rivelata; Il sovrano e l’opera. Arte e potere nella Mesopotamia antica (’liberal” 21/5/1998) • «[...] “Avevo 22 anni. Era il mio primo viaggio in Oriente per uno scavo in Turchia. Decisi di passare dalla Siria, terreno della mia tesi di laurea con Sabatino Moscati. Un bacino in basalto scolpito su tre facce, nei magazzini del museo di Aleppo, mi parve subito un’eccezionale testimonianza di un’ignota cultura figurativa del XIX secolo a. C., mille anni più antica di quanto si immaginava al museo. Il reperto proveniva da Tell Mardikh, una collina più a sud, a ovest dell’Eufrate, intatta e impressionante per dimensioni e morfologia”. Stipulato l’accordo fra Roma e Damasco, il giovane archeologo è di nuovo ad Aleppo, deciso a scavare a Tell Mardick, ma sgomento per l’estensione del sito, 56 ettari. Nel mitico Hotel Baron, quello di Lawrence d’Arabia e di Agatha Christie, di William Saroyan e di Gustavo Adolfo di Svezia, ha luogo l’incontro con Anton Moortgat, uno dei grandi dell’archeologia tedesca. “Con qualche timidezza gli chiesi che ne pensava di Tell Mardikh. Rifletté non poco, poi disse ‘Se l’università di Roma chiederà la concessione di Tell Mardikh, non se ne pentirà’. Lo considerai un oracolo e mille volte, in occasione di scoperte importanti, ho ripensato a quel vaticinio”. Una colorazione favolosa e romantica accompagna la sequenza serrata delle scoperte: 1968, il torso basaltico del re Ibbit-Lim permette l’identificazione del sito con l’antica città di Ebla (“roccia bianca”) che a lungo si era cercata più a nord; 1974, il ritrovamento degli Archivi reali (17.050 frammenti di tavolette cuneiformi del terzo millennio, disposte con ordine sui lignei scaffali del Palazzo Reale) restituisce lo spaccato economico e sociale di un’aggregazione che oggi chiamiamo città. È un ritrovamento che ha rivoluzionato la storia del mondo antico. Ancora: “‘Gli italiani a Ebla hanno scoperto una nuova lingua, una nuova cultura, una nuova storia’. Quando lessi questa dichiarazione di Ignace J. Gelb, il grande assiriologo di Chicago, pensai subito che quel risultato superava i più selvaggi e sfrenati sogni di qualunque archeologo. Ebla, per l’archeologia e per i testi, è oggi il più importante e meglio conosciuto centro urbano della cosiddetta civiltà urbana secondaria, affermatasi attorno al 2500 a. C. in Alta Mesopotamia e in Alta Siria, lontano dal corso di un grande fiume. Ebla fu in quegli anni la protagonista di una sfida vittoriosa lanciata per la prima volta all’umanità: poteva il modello della città, che ancora oggi per noi è sinonimo di civiltà, affermarsi lontano da fiumi come il Nilo, l’Eufrate e il Tigri? Ebla trasformò quel modello e lo adattò in modo mirabile [...] Debbo molto a mio padre Guglielmo, perché la ricerca di uno storico dell’arte del Medioevo, sul ceppo saldo di Pietro Toesca, già allora era una contaminazione tra storia dell’arte e archeologia. Poi vennero maestri come Bianchi Bandinelli. Nel mio mestiere, ineguagliabile, è la fisicità della scoperta. Si salda alla percezione della distanza, di una certa opacità del passato che impone a noi, uomini d’Occidente, un radicale cambiamento di prospettiva. Ci riteniamo orgogliosamente detentori di ogni chiave di conoscenza e dimentichiamo che i nostri strumenti critici sono stati forgiati - dall’Ellenismo al Vasari a tutto l’Ottocento - per misurarsi con l’arte del mondo greco, romano, europeo. Ma sono davvero efficaci di fronte a un mirabile ritratto di un faraone del XIX secolo a. C.?”. [...]» (Anna Ottani Cavina, “la Repubblica” 23/7/2010).