Varie, 26 aprile 2002
PESCE
PESCE Gaetano La Spezia 1939. Designer • «Uno dei più grandi designer e architetti dei nostri tempi. A modo suo, ovviamente. Sostenitore dell’imperfezione, del disordine, della contaminazione, dell’antigrazioso, della dismisura, del malfatto, Pesce - che vive dal 1983 a New York - è stato celebrato da una personale al Beaubourg nel ”96 ed è stato uno dei protagonisti della storica mostra The New Domestic Landscape al Moma nel ”72. Ha realizzato grattacieli a Manhattan e San Paolo, ha creato facendo ricorso soprattutto alla plastica alcuni degli oggetti più famosi e singolari degli ultimi trent’anni: il tavolo Sansone e le sedie Dalila, la poltrona Up5, i vasi Amazonia, il tavolo Golgota, le poltrone I Feltri, tutti accomunati dal fatto paradossale di essere ”unici” ma anche prodotti in serie... Last but not least, ha appena presentato al Salone del mobile di Milano la serie di tavoli, poltroncine, sedie, scaffali, sgabelli e credenze dal titolo inequivocabile Nobody’s Perfect, nessuno è perfetto. Si tratta dell’ultimo esempio di un repertorio di invenzioni che ha trovato linfa vitale nella pop art, nell’informale, nel dada, facendosi beffe del ”bel design” e dei confini codificati per decenni tra architettura, disegno industriale, scultura e pittura riunite da lui, invece, in un mix sorprendente» (Massimo Di Forti, ”Il Messaggero” 15/4/2002). «[...] la storia di Gaetano Pesce designer è cominciata da un incontro casuale [...] con il mobiliere Cesare Cassina. [...] anomalo maestro che non vuole allievi (’I giovani non devono seguire i maestri”) [...] ”La creatività è la risorsa naturale dell’Italia, anche se lo stato non la protegge. Oggi l’arte non esiste, la creatività di Leonardo o Paolo Uccello si è trasferita nella moda e nel design. Giorgio Armani equivale a un artista rinascimentale [...] La vera architettura è interrogazione filosofica, è l’arte più importante perché contiene tutto: musica, movimento, arte figurativa, economia, tecnologia, politica. Ma oggi è rarissima, prevalgono i mestieranti ignoranti dell’edilizia, che sfornano ”torte’ alla moda [...] Il mio dubbio, impopolare, è che questa devastazione rappresenti la nostra epoca, sia un documento del gusto: fra due o tre secoli sarà questo il patrimonio, dunque non va distrutto. Come in Caro diario di Nanni Moretti anche le periferie orrende possono essere viste non solo come pattumiere, avere una dimensione poetica [...] Tutto il mondo spiattella messaggi architettonici antidemocratici, repressivi. il totalitarismo dello stile internazionale, che vuole uniformare il pianeta. D’altronde nell’edilizia gli investimenti sono enormi, e allora chi investe preferisce ripetere, non innovare. L’architettura è in ritardo, non è stata ancora contagiata dalla cultura pop [...] Il design è più veloce: può esserlo per questioni di scala, perché costa meno. Ma non sempre lo è. Senza innovazione, è re-design, è styling. Déjà-vu [...] Nell’Italia degli anni Sessanta, e solo in Italia, funzionava il binomio ”creatore più industriale’. Oggi comincia a mancare, e il designer è un cervello senza mano. C’è torpore, gli imprenditori non rischiano. L’idea italiana perde energia. Ma il benessere non è dormiveglia, è passione [...] Il mondo intero è una città, i paesi sono quartieri. Però ognuno ha la sua identità. I cinesi (in Cina ho insegnato dopo la visita di Nixon) sono esecutori, bravissimi nel lavoro ripetitivo. Però in loro l’idea non prende forma [...] Il computer è come il cacciavite, che usi per girare la vite invece delle unghie: fa le stesse cose di prima, ma con maggiore facilità [...] La creatività è nei materiali. Basta lasciarli liberi: l’artista che fa ricerca non impone, non ammaestra, invece interpreta la libertà dei materiali. E lascia spazio all’errore, a quello che ho chiamato il ”malfatto’. Il design allontana quando insegue la perfezione. espressiva la gamba imperfetta del David di Michelangelo, la perfezione invece distacca. Il difetto porta al sorriso, scatena il bambino naïf che è in tutti noi. In quasi tutti noi [...] In futuro, in un futuro che già si intravede nei materiali sintetici - i più duttili, i più sinceri, quelli che meglio rappresentano il tempo - ci sarà la rivoluzione. La rivoluzione dei materiali. Che saranno impalpabili, e si configureranno secondo i bisogni. Un cappotto si espande e diventa un cappotto quando serve, una sedia idem. Significa che la produzione non avverrà più nelle industrie ma nelle case. Che sarà più pulita. Che tutti diventano creatori. E che la professionalità del designer sarà più profonda: finalmente, il designer non sarà più un esteta”» (Giovanna Zucconi, ”L’Espresso” 21/4/2005).