Varie, 26 aprile 2002
PISTOLETTO
PISTOLETTO Michelangelo Biella 23 giugno 1933. Pittore • «[...] i suoi quadri specchianti, da profeta dell’Arte Povera, il movimento che negli Anni 60 fece di Torino una capitale dell’avanguardia europea in competizione con la Pop Art Americana. [...] ”L’Arte Povera era portatrice di una nuova visione radicata al locale ma allo stesso tempo di dimensione internazionale. Anche oggi si presenta la necessità di mettere in rapporto l´individuale, il soggettivo, il locale con la globalità. L’Arte Povera guardava agli elementi primari della condizione umana, oggi i vari approcci al quotidiano sono una grande moltitudine di differenze che fanno i conti con l´uniformità di sistemi omogeneizzanti. Ma non è detto che uno danneggi gli altri, oggi se si vuole pensare a un nuovo Rinascimento bisogna pensare a equilibri e interazioni. Il Rinascimento cercava l’unione dell’arte con il sociale: l’arte è una trasfusione del sangue che scorre nelle vene della società”» (Rocco Moliterni, ”La Stampa” 11/4/2002). «L’arte povera vuol dire molte cose. Io non ho cominciato pensando a un termine, ma lavorando sul concetto di oggettività in gradi di rispondere al modo di essere specifico di un certo momento. Parliamo dei primi Anni ’60, il luogo era l’Italia in rapporto al mondo. Un periodo di trasformazione nel quale si è sentito il bisogno di dare un senso alle cose più vicine, più semplici e immediate, alla banalità del vivere quotidiano [...] Partendo dall’autoritratto come luogo di riconoscimento di me stesso. Ho scelto lo specchio. Indispensabile per un autoritratto. Trasformando la tela in specchio, ho visto che il mondo partendo da me rappresentava ciò che mi circondava. Lo specchio per me fu elemento primario, come l’acqua nelle cui pozze è possibile riconoscere se stessi [...] Nell’arte povera c’è uno sguardo oggettivo sulle cose che è diverso dall’astratto espressionismo. [...] L’arte povera non si basa su un sistema economico che crede nelle formule dell’opulenza consumistica, è il contrario. Poggia su quello che abbiamo di più profondo. Per esempio l’abitare, il considerare anche la spiritualità dell’essere [...] L’artista deve trasformare una necessità comune e non individuale. [...] Distinguo il processo artistico in due paradigmi. Il primo è quello che chiamo ortodosso e quindi l’arte autoreferenziale che troviamo nei musei. L’altro è quello dell’eterodossia non così riconosciuta. E io lavoro a questo [...]» (Alain Elkann, ”La Stampa” 23/1/2005).