Varie, 26 aprile 2002
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Updike John
• Shillington (Stati Uniti) 18 marzo 1932, Beverly Farms (Stati Uniti) 27 gennaio 2009. Scrittore. Nel 1954, dopo la laurea ad Harvard, comincia a collaborare con il ”New Yorker” scrivendo poesie e racconti. Nel 1960 con il romanzo Corri coniglio dà inizio alla saga dedicata a un ex campione di basket, Coniglio appunto, che si concluderà trent’anni dopo con Coniglio a riposo. Altri suoi libri: Colpo di stato, Le streghe di Eastwick, Brazil • «"Non ho alcun rimpianto di avere abbandonato la carriera di pittore. A 21 anni, dopo aver frequentato la Ruskin School of Drawing and Fine Arts ad Oxford, ho realizzato che sarei stato un artista mediocre. Se sei paziente, con le parole puoi fare molto di più che con i pennelli e a me la pazienza non manca di certo" [...] In passato le femministe l’hanno accomunato a Norman Mailer come autore misogino. "Quando le critiche emersero fui molto sorpreso. [...] Alle mie critiche femministe dico ’non siate sciocche’, io amo e conosco le donne. Ma non puoi accontentarle tutte, mi sono detto, perché alla fine sono sempre un uomo e come tale ’stupido’ [...] La questione femminista finisce per inibire uno scrittore di fiction come me, che teme di commettere passi politicamente scorretti. Ma per fortuna l’ortodossia femminista che ebbe l’apogeo alla fine degli anni Settanta è in crisi e oggi persino la scienza ci dice che uomini e donne non sono diverse edizioni dello stesso libro e che biologia, natura e destino dei due sessi sono diversi [...] Uno dei massimi piaceri dello scrivere fiction è uscire dalla tua pelle per entrare in quella di un altro: una grande esercitazione morale ed estetica. Devi fare quel salto, scrivere di un’altra creatura inventata e con una donna il divertimento è molto più intenso [...] Nel mondo c’è un sacco di gente che conosce e ha praticato il sesso molto più di me. Ciò non mi impedisce di scriverne: è un’area dell’esperienza umana che può essere ancora esplorata perché non se ne conosce tutto. [...] Mi piace molto leggere scrittrici donne che nella fiction hanno un vantaggio rispetto agli uomini perché più osservatrici e sensibili alle interazioni. Io mi scopro sempre a domandare a mia moglie: ’che cosa indossava quel tipo’? O ’di che colore era quel divano?’ Proprio come farebbe un daltonico o un cieco. Quando leggo una donna ammiro l’abilità di rievocare dettagli e l’onestà nel dichiararsi confusi. Le eroine dei romanzi femminili non sanno cosa vogliono e dove vanno ma non importa [...] Fino al 1900 tutti gli scrittori americani erano Wasp. Poi nel XX secolo siamo diventati uno dei tanti gruppi etnici e oggi, pur essendo tutt’altro che estinti, quasi nessuno di noi sceglie la carriera dello scrittore. Io stesso sono cresciuto nell’era dominata dagli autori ebrei metropolitani, Bellow, Malamud, Roth, Mailer e ricordo di essermi sempre sentito un outsider, come un giocatore di basket bianco in una squadra tutta nera. Adesso siamo nella fase post- ebraica della letteratura americana dove ispanici, neri, italiani, indiani e asiatici hanno eguale peso e voce [...] Quando vengo a New York, nessuno per strada mi assomiglia più. Ma non è affatto un’esperienza spiacevole. Anzi. Noi protestanti nordeuropei abbiamo avuto il nostro regno lungo e prospero e ora è bello sapere che i principi dei padri fondatori servono ad esaudire i desideri di tutte le razze e le religioni"» (Alessandra Farkas, "Corriere della Sera" 15/6/2003). Vedi anche: Giorgio De Rinezo, ”Sette” n. 35/1998.