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 2002  aprile 26 Venerdì calendario

GIUFFRÈ

GIUFFRÈ Antonino Caccamo 21 luglio 1945. Mafioso, arrestato il 16 aprile 2002. «Uno dei pochi signori della Cupola con un titolo di studio: perito agrario. Fino a qualche anno fa era dipendente della Regione siciliana, commesso in qualche assessorato fino a quando i Corleonesi lo fecero diventare uno dei grandi capi. Unico hobby conosciuto: la caccia. E proprio andando alla ricerca di conigli da stanare nelle campagne intorno al suo paese gli spararono una fucilata che gli portò via la mano destra. Così per tutti diventò ”Nino Manuzza”. Negli ultimi tempi i bookmakers dell´Antimafia lo davano in ascesa vertiginosa, dicevano che stava conquistando sempre più potere, per il procuratore Pietro Grasso era fino il successore di Bernardo Provenzano. Solo con la mano sinistra sa caricare un fucile a pompa e prendere perfettamente la mira. Con la pistola naturalmente fa meglio. ”Sembra un innocuo ometto e invece...”, racconta chi lo conosce bene. Il giorno che diventò latitante saltò giù dal balcone di casa e fece perdere le tracce in mezzo ai campi. Alla porta c’erano un paio di funzionari della Dia che non si accorsero di nulla. Da quel momento e fino all’arresto ha fatto la vita dei grandi capimafia. Ma non è stato sempre facile convivere con quei Corleonesi che lo vollero lì, al vertice di Cosa Nostra. Una volta fu sputtanato davanti a tutti proprio da Leoluca Bagarella, il cognato di Totò Riina. I boss erano riuniti nei magazzini di una fabbrica di ghiaccio a Termini Imerese per un summit. Lui arrivò per ultimo. Scese dalla sua Mercedes e istintivamente tolse l’autoradio per paura dei ladri. Lo condannò allo sfottò dei capimafia Bagarella con una battuta velenosissima: ”Mii... Nino, come controlli bene il tuo territorio...”. Un’altra volta lo stesso Bagarella (era su una barca a remi con il pentito Calvaruso che rivelò l’episodio) fece una lista degli uomini che avrebbe voluto uccidere e al primo posto c’era proprio Antonino Giuffrè. Importante è diventato dopo la strage di Capaci. Assolto in primo grado, condannato all’ergastolo in Appello. Visibile è diventato dopo un omicidio avvenuto nel suo paese - il sindacalista Mico Geraci - che qualcuno cercò di ”accollargli”, ma i magistrati non trovarono nemmeno un indizio. Prosciolto in istruttoria. Il resto è storia di latitanza. All’antica. Mesi e mesi solo in casolari, niente telefono e cellulari, niente giornali, niente tivù, solo il fedele autista o il contadino che gli portava il mangiare. E la moglie che ogni tanto incontrava. Un personaggio Rosaria Stanfa. In odore di mafia i suoi parenti di Caccamo, potenti boss quelli dall’altra parte dell’Atlantico: gli Stanfa di Memphis. La donna - impiegata per anni al Comune di Caccamo nell’ufficio Affari sociali - più volte seguita quando andava all’appuntamento con il marito, ha sempre seminato gli investigatori» (’la Repubblica” 17/4/2002).