varie, 26 aprile 2002
MAZZA
MAZZA Mauro Roma 18 agosto 1955. Giornalista. Dall’agosto 2009 direttore di Raiuno. Già direttore del Tg2. Il suo volto è noto soprattutto per la conduzione di molti degli speciali elettorali del Tg1. Tifosissimo della Lazio («Una passione che mi accomuna a Clemente Mimun»), è stato per anni uno dei principali redattori politici del telegiornale della prima rete, dove era approdato nel 1993 dopo un’esperienza al giornale radio diretto da Livio Zanetti. Professionista dal 1979, ha lavorato al ”Secolo d’Italia” e all’Adnkronos, oltre ad aver collaborato con alcune emittenti radiofoniche e televisive private. in Rai dal 1990; dal 1998 è vicedirettore del Tg1. La sua nomina alla direzione del Tg2 è stata caldeggiata in particolare da Alleanza nazionale • «Quando il Tg2, nella rigida applicazione dello spoils system e della lottizzazione fu affidato alle cure della destra molti gridarono allo scandalo. In 40 anni di Tv non era mai successo. Direttore diventò Mauro Mazza, fino ad allora vicedirettore del Tg1 in quota An, giornalista iniziato alla scuola del ”Secolo d’Italia”. [...] ”Io non ho mai fatto politica attiva. Posso essere definito, al massimo, ”ex redattore del giornale dell’Msi’ [...] Non sono mai stato iscritto al Msi. Mi sentivo a casa mia, ma non ho mai militato [...] Ero bravino [...] Fini aveva una buona penna, si occupava di politica interna [...] Spesso scrivevamo lo stesso ”pastone’. Io mi occupavo dei partiti dalla Dc verso sinistra e lui dalla Dc verso destra. Poi univamo i due pezzi in un articolo solo [...] il direttore? Mimmo Tripodi, destra tradizionale, uomo d’altri tempi, gran signore, sempre col sigaro in bocca. La mente del giornale era il caporedattore, Cesare Mantovani, una carriera politica nel Msi, rovinata da un cattivo carattere [...] Ricordo il grande Alberto Giovannini. Mi portò con sé al congresso dei socialisti a Verona, primi anni Ottanta. Non mise mai piede al congresso perché aveva problemi polmonari molto forti. Io la sera andavo nel suo albergo, gli raccontavo come era andata e lui scriveva gli articoli di fondo [...] Tutti si stavano schierando, preparandosi per il dopo Almirante. Se fossi rimasto lì avrei dovuto fare politica. Tutte le volte che avevo provato ad uscire avevo trovato porte chiuse. Provai con Guido Paglia, capo del politico al ”Giornale’ di Montanelli. Mi disse: ”Sei bravo, brillante, ti leggiamo’. Ma niente. Avevo il marchio del ”Secolo d’Italia’ [...] Al Convegno di Forze Nuove, corrente democristiana di Donat Cattin, non mi invitarono alla cena per la stampa. Per solidarietà vennero a mangiare con me, Enzo Iacopino e Giancarlo Perna [...] Un giorno chiamai un collega di un quotidiano milanese per chiedergli un chiarimento su un suo pezzo . Mi rispose, educatamente: ”Scusami, non te la prendere, ma con uno del Secolo non parlo’ [...] Radio e tv private. Poi mi assunse Pippo Marra, proprietario di Adn Kronos. Dopo due giorni che stavo lì mi telefonò: ”Devi andare di corsa al partito per una intervista’. Io pensavo di dover andare al Msi. Invece lui intendeva il Psi [...] Aderivo al suo gruppo Proposta, corrente filosocialista dell’Msi [...] La corrente della modernizzazione, dell’apertura. I giovani leoni del gruppetto eravamo Gennaro Malgieri, Adolfo Urso e io”. Dopo l’Adn Kronos, la Rai. ”Avevo conosciuto Claudio Martelli. Gli davo una mano per l’ufficio stampa. Paolo Gigante, capo del politico del Gr1 di Livio Zanetti si mise in testa di portarmi in Rai ma serviva una spinta. Chiesi a Martelli di telefonare al presidente Manca [...] La telefonata di Martelli a Manca funzionò. Mi chiamò il capo del personale per la visita medica [...] Elettrocardiogramma e raggi X”. E via con Zanetti. ”Un grande. Quando gli portavi una notizia si eccitava come un bambino”. Fine delle discriminazioni. [...] vicedirettore del Tg1 col centro-sinistra. ”La Rai del Polo, nel ”94, a me non ha dato niente. Quando arrivò Carlo Rossella, promosse tutti. Ma a me diceva: ”La prossima volta’ [...] Non mi ha dato mai nulla ma mi ha fatto fare cose belle e importanti [...] Non amo la volgarità. L’accostamento destra-volgarità mi fa male perché sento che a volte è vero [...]”» (Claudio Sabelli Fioretti, ”Sette” n. 7/2003).