Masolino d’Amico, "La Stampa" 27/4/2002, 27 aprile 2002
«Personalmente Paolo Stoppa era simpaticissimo con le sue manie, i suoi rituali e le sue superstizioni
«Personalmente Paolo Stoppa era simpaticissimo con le sue manie, i suoi rituali e le sue superstizioni. Tutto doveva essere ripetuto allo stesso modo, come le doppie sciarpe di cachemire: stessi ristoranti, stessi capodanni (doppi anche questi, al seguito dell’amico De Sica, che li passava presso le sue due famiglie facendo la mezzanotte una volta con l’una, una con l’altra), stessi amici. A mia madre telefonava tutte le mattine alle dieci in punto per sapere le novità anche in vista di possibili parti cinematografiche, e tutte le estati veniva a passare con noi la stessa settimana a Castiglioncello, solo, dopo aver trascorso un periodo con la Rina nello stesso albergo della Liguria. Prendeva il sole come una lucertola e ascoltava le stesse scenette di Paolo Panelli. Con me era caratteristicamente affettuoso ma diffidente. Quando ero bambino e lui era impegnato nelle pomeridiane mi prestava il suo abbonamento alla Roma, nella tribuna dello stadio Torino, dove mi trovavo tra due solenni signori coi classici lunghi cappotti di cammello, Gino Cervi e il pasticciere Ruschena, che a un certo punto tirava fuori dei gianduiotti e me li passava. Quando fui più grande mi diede fiducia facendomi tradurre delle commedie. Fu dopo l’era Visconti, e la prima volta Zeffirelli garantì per me; la seconda fu più avventurosa, un testo gay in anticipo sui tempi e che per questo nessuno venne a vedere, benché nella parte dei due barbieri conviventi ci fossero lui e uno spiritoso, insolito Renzo Ricci. Il lavoro si chiamava "Il sottoscala", e alle prove mi accorsi che Paolo diceva battute assurde, diverse da quelle che avevo scritto io. Scoprii così che confrontava di nascosto la mia traduzione con quella francese, non che sapesse il francese meglio dell’inglese, e che quando il francese gli sembrava più affidabile pescava da lì. Gli attori di una volta erano forse meno preparati e più ingenui di quelli di adesso; ma quanto più pronti a rischiare! E quanto più bravi. Perché quelle battute senza senso le pronunciava con una convinzione tale, che nessuno batteva ciglio, nemmeno il regista» (Masolino d’Amico).