Sam Shepard, "la Repubblica" 28/4/2002, pagina 31., 28 aprile 2002
«Portavo sempre il ghiaccio a Nina Simone. Le portavo un sacco di plastica grigia pieno di ghiaccio per raffreddare lo scotch
«Portavo sempre il ghiaccio a Nina Simone. Le portavo un sacco di plastica grigia pieno di ghiaccio per raffreddare lo scotch. Si strappava la parrucca bionda e la gettava sul pavimento. Sotto, i capelli erano corti come il vello tosato di un agnello nero. Si scollava le ciglia finte e le appiccicava allo specchio. Le palpebre erano spesse e dipinte d´azzurro. Mi faceva venire in mente una di quelle regine egiziane che vedevo sul National Geographic. La pelle era lucida di sudore. Si arrotolava un asciugamano azzurro intorno al collo e si sporgeva in avanti appoggiando entrambi i gomiti sulle ginocchia. Il sudore le rotolava giù dal viso e schizzava sul pavimento di cemento rosso tra i suoi piedi. Finiva sempre il suo spettacolo con la canzone "Jenny delle spelonche" di Bertolt Brecht. Cantava sempre quella canzone con una sorta di profonda e penetrante rivalsa, come se avesse scritto le parole lei stessa. La sua esecuzione puntava dritta alla gola del pubblico bianco. Poi al cuore. Infine alla testa. Era un colpo mortale in quei giorni. Ma la canzone che mi lasciava di stucco era "You´d be so nice to come home to". Magari ero in giro a raccogliere bicchieri in sala e lei attaccava una specie di frana roboante al piano con la voce che sgusciava attraverso gli accordi. I miei occhi s´incollavano sul palco e ci rimanevano mentre le mani continuavano a lavorare. Una volta rovesciai una candela mentre lei cantava quella canzone. La cera bollente sgocciolò sull´abito di un uomo d’affari. Mi chiamarono nell’ufficio del direttore. L’uomo d’affari era lì in piedi con questo lungo schizzo di cera indurita sui pantaloni. Pareva che si fosse venuto addosso. Fui licenziato quella sera. Fuori in strada sentivo la sua voce che arrivava dritta attraverso i muri di cemento: "Sarebbe il paradiso se tu tornassi a casa"» (Sam Shepard).