Sandra Petrignani, Panorama 25/4/2002; Armando Torno, Corriere della Sera 18/1/2002, 25 aprile 2002
I letterati e gli artisti che dal Settecento in poi viaggiarono per l’Italia non erano attratti soltanto dalle bellezze artistiche, ma pure dai molti svaghi erotici che la penisola offriva
I letterati e gli artisti che dal Settecento in poi viaggiarono per l’Italia non erano attratti soltanto dalle bellezze artistiche, ma pure dai molti svaghi erotici che la penisola offriva. Goethe raggiunse la sua «pienezza erotica» a quarant’anni, proprio durante il suo tour italiano. A Roma si abbandonò agli amori ancillari con Faustina, figlia dell’oste proprietario della locanda in cui soggiornava. A Napoli scoprì «il paradiso: si viveva in una specie di intossicata dimenticanza di sé, io incluso. Mi pareva di essere un altro, che a stento potevo riconoscere» (per esser sicuro che nessun altro lo riconoscesse, distrusse poi i diari napoletani). Lord Byron, estimatore della bellezza femminile, ma anche maschile, fece propria la massima di Addington Symonds, eminente vittoriano gay: «Non si capisce la bellezza di un popolo finché non ci si è stati a letto». Ebbe perciò in Italia 200 incontri omosessuali e«più donne di quante riuscisse a contarne». Nel mentre, era innamorato della Fornarina, veneziana, moglie di un panettiere. Proprio Venezia era nota come la «capitale del libero amore»: una guida turistica del 1794, The grand Tour di Thomas Nugent, la indicava come «la città ideale per passare la notte con una donna sfacciata» (in armonia col detto dell’epoca «le fiorentine son libertine, le veneziane tutte puttane»). Molto apprezzati anche i gondolieri, «insuperabili per disponibilità sessuale verso uomini e donne». Lo stesso Addington Symonds s’innamorò di Angelo Fusato, che abbandonò le gondole e s’adattò a fare il mantenuto. Altra capitale erotica era Milano, dove James Boswell, biografo di Samuel Johnson, estimatore di qualunque donna, un giorno si mise a dar la caccia alla «più brutta della città» pur di ampliare ulteriormente le sue esperienze. Il luogo preferito era la Scala, i cui palchi erano oltre che salotti letterari alcove (e infatti la buona società approfittò di arie e acuti per concepire alcuni dei suoi figli). Stendhal, bruttino, tarchiato, a forza di ripetere che era «il più bel teatro del mondo» si ritrovò nell’oscurità del teatro ad accarezzare con folle amore la coscia di un’ardita Angelina Pietragrua, ignorando che lei godeva nel farsi accarezzare contemporaneamente da un altro cavaliere .