varie, 8 maggio 2002
CORSO Mario
CORSO Mario San Michele Extra (Verona) 25 agosto 1941. Ex calciatore. Dal 1957 al 1973 con l’Inter vinse quattro scudetti (1962/63, 1964/65, 1965/66, 1970/71), due coppe dei Campioni (1963/64, 1964/65), due Intercontinentali (1964, 1965). Chiuse la carriera nel Genoa. In totale 437 presenze e 78 gol in serie A, 23 presenze e 4 gol in nazionale. Settimo nella classifica del Pallone d’Oro 1964, 11mo nel 1966, 15mo nel 1965 • «[…] Il suo gioco si basa solo sul sinistro ma con quello è impareggiabile, tanto che lo definiscono “il piede sinistro di Dio”. Sua invenzione la punizione a “foglia morta”. Pelé lo vorrebbe al Santos, resta invece all’Inter e in neroazzurro conquista ogni tipo di vittoria, anche se a Herrera non piace la sua incostanza nel rendimento e la scarsa voglia d’allenarsi: ogni estate ne chiede la cessione, ma sempre la richiesta è respinta per iscritto dal presidente Moratti […] Nel 1975 lascia il calcio a causa di una doppia frattura alla tibia» (F.MO, Enciclopedia dello Sport, Treccani 2002) • «Non è veloce, non è dinamico, spesso si dimentica di giocare, ma è un artista: inventa un calcio ai limiti del surrealismo, ha un sinistro capace di imprimere al pallone traiettorie lunari, un dribbling – magari da fermo - irridente e beffardo» (Dizionario del Calcio Italiano, a cura di Marco Sappino, Baldini&Castoldi 2000) • «[...] come si fa a dimenticare i momenti di gloria, a cancellare [...] quel gol in fondo ai tempi supplementari dello spareggio della Coppa Intercontinentale del ’64 a Madrid contro l’Independiente? Lui sorprendentemente meno spossato di tutti, andare laggiù davanti alla porta argentina e raccogliere il cross di Peirò alla fine di un contropiede micidiale. Perché Corso fu anche match winner, certo. [...] le tante punizioni a foglia morta, i duetti con Suarez, quella voce strana, fina e cavernosa a un tempo, e quei calzettoni tirati giù, strafottenti nei confronti degli avversari, come a dire: “dei parastinchi non so che farmene” [...] il suo talento innato, la sua capacità di colpire una nocciola col tacco e di farla arrivare nel taschino [...] il suo primo allenatore gli urlava sempre: “Usa la testa!”. Lui, Mariolino, credeva che lo esortasse a ragionare, a non giocare troppo d’impulso. Ovviamente l’altro cercava di addestrarlo invano al gioco aereo. Fatto sta che Corso è fiorito così, straordinario talento calcistico senza il destro e la testa, ma con un cervello fino e una sapienza di gioco che si mangiava - con rispetto parlando - tutti i Baggio e gli Zola d’Italia. [...] Si capiva bene che col Mago non si potevano sopportare, si immaginava bene che il suo talento da “genio e sregolatezza” fosse agli antipodi rispetto ai nuovi principi che si facevano strada nel calcio. Corso non era e non poteva diventare un’atleta. Ma tanto era limitato il suo raggio d’azione, tanto ampia era la sua visione di gioco, e con lei la potenza dei suoi lanci [...]» (Enrico Mentana, “Io&Lui” - Guerin Sportivo).