Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2002  maggio 08 Mercoledì calendario

CORSO Mario

CORSO Mario San Michele Extra (Verona) 25 agosto 1941. Ex calciatore. Dal 1957 al 1973 con l’Inter vinse quattro scudetti (1962/63, 1964/65, 1965/66, 1970/71), due coppe dei Campioni (1963/64, 1964/65), due Intercontinentali (1964, 1965). Chiuse la carriera nel Genoa. In totale 437 presenze e 78 gol in serie A, 23 presenze e 4 gol in nazionale. Settimo nella classifica del Pallone d’Oro 1964, 11mo nel 1966, 15mo nel 1965 • «[…] Il suo gioco si basa solo sul sinistro ma con quello è impareggiabile, tanto che lo definiscono “il piede sinistro di Dio”. Sua invenzione la punizione a “foglia morta”. Pelé lo vorrebbe al Santos, resta invece all’Inter e in neroazzurro conquista ogni tipo di vittoria, anche se a Herrera non piace la sua incostanza nel rendimento e la scarsa voglia d’allenarsi: ogni estate ne chiede la cessione, ma sempre la richiesta è respinta per iscritto dal presidente Moratti […] Nel 1975 lascia il calcio a causa di una doppia frattura alla tibia» (F.MO, Enciclopedia dello Sport, Treccani 2002) • «Non è veloce, non è dinamico, spesso si dimentica di giocare, ma è un artista: inventa un calcio ai limiti del surrealismo, ha un sinistro capace di imprimere al pallone traiettorie lunari, un dribbling – magari da fermo - irridente e beffardo» (Dizionario del Calcio Italiano, a cura di Marco Sappino, Baldini&Castoldi 2000) • «[...] come si fa a dimenticare i momenti di gloria, a cancellare [...] quel gol in fondo ai tempi supplementari dello spareggio della Coppa Intercontinentale del ’64 a Madrid contro l’Independiente? Lui sorprendentemente meno spossato di tutti, andare laggiù davanti alla porta argentina e raccogliere il cross di Peirò alla fine di un contropiede micidiale. Perché Corso fu anche match winner, certo. [...] le tante punizioni a foglia morta, i duetti con Suarez, quella voce strana, fina e cavernosa a un tempo, e quei calzettoni tirati giù, strafottenti nei confronti degli avversari, come a dire: “dei parastinchi non so che farmene” [...] il suo talento innato, la sua capacità di colpire una nocciola col tacco e di farla arrivare nel taschino [...] il suo primo allenatore gli urlava sempre: “Usa la testa!”. Lui, Mariolino, credeva che lo esortasse a ragionare, a non giocare troppo d’impulso. Ovviamente l’altro cercava di addestrarlo invano al gioco aereo. Fatto sta che Corso è fiorito così, straordinario talento calcistico senza il destro e la testa, ma con un cervello fino e una sapienza di gioco che si mangiava - con rispetto parlando - tutti i Baggio e gli Zola d’Italia. [...] Si capiva bene che col Mago non si potevano sopportare, si immaginava bene che il suo talento da “genio e sregolatezza” fosse agli antipodi rispetto ai nuovi principi che si facevano strada nel calcio. Corso non era e non poteva diventare un’atleta. Ma tanto era limitato il suo raggio d’azione, tanto ampia era la sua visione di gioco, e con lei la potenza dei suoi lanci [...]» (Enrico Mentana, “Io&Lui” - Guerin Sportivo).