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 2002  maggio 08 Mercoledì calendario

Pontecorvo Gillo

• (Gilberto Pontecorvo) Pisa 19 novembre 1919, Roma 12 ottobre 2006. Regista. «Cinque film in tutto per una carriera strepitosa e un prestigio internazionale inossidabile [...] Nato a Pisa, passato in Francia tra Tolone e Saint Tropez già prima delle leggi razziali del ’39 che affrettarono la dispersione della sua grande famiglia, partigiano in montagna negli ultimi anni di guerra, in seguito militante politico, giornalista e fotografo. Versatile, curioso, idealista. "A Pisa abitavamo vicino a piazza Duomo; mamma, papà e noi otto fratelli, cinque maschi e tre femmine. Mangiavamo al tavolo da ping pong per quanti eravamo". Negli anni Trenta, il ragazzino Gilberto, Gillo, va in vacanza a Forte dei Marmi, a turno con i fratelli e sorelle, ospiti di zia Clara, "donna severissima, della serie: il bagno a orari fissi, mai dopo mangiato". Gioca a tennis, ma non diventerà mai un campione come il fratello Bruno, "un fenomeno" per essersi laureato in fisica a vent’ anni e subito accettato nella "scuola di via Panisperna" con Segre, Fermi e Majorana. "Io ero la pecora nera, mi iscrissi a Chimica, non avevo il coraggio di ammettere che avrei voluto studiare lettere. A un anno della fine, abbandonai l’ università". è giovanissimo Gillo quando si sposa la prima volta. "Mia moglie, francese, volle abitare vicino Tolone; tiravamo avanti con il pesce che pescavo, venti, trenta chili al giorno. Lo vendevo ai ristoranti e anche bene. Eravamo appassionati della montagna e quasi tutti i fine di settimana, con i soldi guadagnati da subacqueo, potevamo permetterci perfino il vagone letto per andare a sciare a Megève". Gillo torna in Italia da partigiano e, dopo la liberazione, vive di un po’ di tutto: dà lezioni di tennis, si mette a fare il giornalista. "Dirigevo un settimanale politico che si rivolgeva ai giovani, si chiamava ’Pattuglie’. Era davvero un brutto giornale, ma ci scrivevano personaggi straordinari come Togliatti, come Nenni". [...] la vita cambia: scrive per un’agenzia giornalistica francese e realizza servizi fotografici. Un giorno, a Parigi, gli capita di vedere Paisà di Roberto Rossellini. "Decisi che il cinema mi piaceva troppo e che da allora sarebbe stato il mio mestiere. Comprai una sedici millimetri e mi misi a girare documentari. Anche se a portarmi definitivamente al cinema fu Solinas, a Fregene. Franco era sardo, cocciuto. Mi ripeteva: sei bravo, fai un film, prova. Un giorno, a casa sua al Villaggio, mi disse: c’è un produttore, Maleno Malenotti, è un pisano, fagli vedere i tuoi documentari, chiedigli di fare un film. Gli diedi retta. Dal libro di Solinas, Squarciò, girai La grande strada azzurra con Yves Montand e Alida Valli. Era il 1957" [...] La grande strada azzurra vince il Festival cecoslovacco di Karlovy Vary e, sempre a Fregene, nasce l’ispirazione per Kapò, ambientato nei campi di sterminio nazisti. è il ’59. "Grazie al fatto che Kapò era andato all’ Oscar, in quel periodo mi offrivano un film alla settimana, ma io niente. Non ho mai lavorato senza un’idea che mi prendesse completamente". Con Solinas, Pontecorvo passa intere serate nello studio del primo piano, dinanzi a una grande finestra sul mare. E, al Villaggio, in quella stanza nasce il capolavoro di Pontecorvo, La battaglia di Algeri. "Volevamo fare un film per raccontare l’ultimo periodo del colonialismo francese. Si sarebbe dovuto chiamare Parà e doveva cominciare in Indocina per finire in Algeria. Quel film non si fece; aveva scene di massa, sarebbe costato troppo caro e, secondo i produttori, non aveva sufficiente appeal. In Algeria sapevano del nostro lavoro; fu da lì, da colui che poi sarebbe stato il protagonista che ci venne il suggerimento: perché non fare un film sulla battaglia di Algeri? Da mesi, noi giravamo intorno a un soggetto simile, ma i produttori continuavano a prendere le distanze. Alla fine decidemmo di andare avanti comunque, con i nostri mezzi". La battaglia di Algeri è del ’66, le riprese durarono quattro mesi. [...] Gillo continua a lavorare a casa Solinas, nella stanza sul mare. Lì prende forma anche Queimada, girato in Columbia con Marlon Brando. "Marlon era un attore straordinario, eppure una volta gli feci girare la stessa scena 41 volte. Lui non la prese bene e alla fine quasi non ci salutavamo". La stima reciproca però attenua presto gli attriti e Brando offre a Pontecorvo un film sugli indiani. "L’idea mi piaceva, rimasi in una riserva nel South Dakota per un mese". Il film però non si farà. [...] Nel 1979 esce Ogro, film sul terrorismo nella declinante dittatura fascista. Pontecorvo è ormai un mito, tutti gli offrono film, ma lui non ha un’ idea che lo trascini e di film non ne fa più. Nel ’92 lo chiamano a dirigere la mostra del cinema di Venezia; ci rimarrà cinque anni. "Ho il rimpianto di non essermi potuto permettere, quando ero giovane, i dieci anni di studio necessari per il conservatorio. La musica non la so scrivere, la fischietto, altri la scrivono per me. Con loro ho firmato la musica di Kapò e della battaglia di Algeri. Io non sono un tecnico e quando vado sul set mi tremano le gambe, ma se prima fischietto, mi rassereno. La musica per me non è il segno aggiuntivo di un film, ne determina il senso, la ritmica"» (Silvana Mazzocchi, "la Repubblica" 15/7/2004). Vedi anche: Valerio Cappelli, ”Sette” n. 19/1999.