Varie, 8 maggio 2002
RIOTTA Gianni
RIOTTA Gianni Palermo 12 gennaio 1954. Giornalista. Ex direttore de Il Sole-24 Ore (dal marzo 2009 al marzo 2011). Ex direttore del Tg1 (dal settembre 2006 al marzo 2009) • Ha esordito nel giornalismo a 17 anni, come corrispondente del manifesto. Dopo la laurea in Filosofia si è trasferito a Roma. Ha conseguito il Master in giornalismo alla Columbia University di New York. Dal ’98 al 2002 è stato condirettore della Stampa per poi tornare al Corriere della Sera come vicedirettore. Nel 1993 ha condotto la serie tv Milano, Italia. Scrittore, suoi libri: Cambio di stagione (91), Ultima dea (94), Ombra (95), Principe delle nuvole (97), N. Y. Undici settembre (2001), Alborada (2002), La prima guerra globale (2003). «Eterno candidato a tutte le migliori direzioni. Prodigioso social climber, grandioso pierre di se stesso è arrivato infine al terminal dei desideri con la fatica di una vita spesa a fabbricare la rete dei rapporti, delle relazioni, delle amicizie giuste. Intrattenitore telefonico nato a Palermo, arrivato a Roma, sbocciato a New York è anche un bravo ragazzo.Viveva in una splendida casa da dove si permetteva il lusso di salutare Woody Allen e fare gli auguri di buon compleanno a Madonna […] Certe volte è provinciale. Solidale con il blasfemo Rushdie, una volta comunico di aver rimandato indietro la tessera Millemiglia della British Airways che di portarsi in volo quello non ne voleva appunto sapere. La cosa – ahilui – fece ridere Agnelli. I suoi nemici dicono che passa tutto il tempo al telefono, i suoi amici non dicono niente, ma solo perché stanno già parlando con lui. Il suo mito, per dire il tipo, è Furio Colombo. Gentile, educato, mai aspro, mai spigoloso […] Nessuno potrebbe mai scrivere male di lui. È anche autore di romanzi molto bene recensiti. Vince numerosi premi, sebbene minori. S’era ritirato dallo Strega per non litigare con Enzo Siciliano. Una volta Umberto Eco arrivo a scrivere di lui come “il nuovo Kafja”» (Pietrangelo Buttafuoco, “Dizionario dei nuovi italiani illustri e meschini” 31/10/1998). «Nessuno ha raccontato meglio di lui la New York del dopo 11 settembre. […] Ci ha risparmiato le analisi sociologiche, le cronache asettiche e perfino i buoni sentimenti. Sorrisi, lacrime, paure, incertezze, dubbi e pensieri a tonnellate. Zero distinguo, invece. […] Ci ha parlato della città come se ne parla a casa, tra amici; ci ha fatto salire sui taxi gialli e andare in giro per la città ferita […] Si potrebbe scrivere di qualche traccia residua di fighettismo, come il dolore per la chiusura di Brooks Brothers, la storia e le origini dei colletti button down, i melensi accenni ai Kennedy, il vezzo di chiamare Dick il presidente Nixon. O anche di quell’imprecisione, grave per uno come lui, e cioè aver scritto che gli Yankees avrebbero vinto lo scudetto e non le World Series. Poca roba. […] È stato il più fedele nello sviscerare il sentimento offeso della città; il primo a sbugiardare la leggenda secondo la quale gli ebrei erano stati avvertiti dal Mossad […] Il primo a fare una piccola Spoon River dei morti delle Torri Gemelle […] Il primo a raccontarci il voto tra i passeggeri dell’aereo che poi si è schiantato in Pennsylvania. […] Gli americani direbbero che è un patriota, e chissà se lui ne sarebbe contento. Qui in Italia, comunque, è difficile trovare uno di sinistra che sta così saldamente dalla parte dell’America» (Christian Rocca, “Il Foglio” 12/12/2001).