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 2002  maggio 08 Mercoledì calendario

VonThyssen HansHeinrich

• Schevningen (Olanda) 13 aprile 1921, San Feliu de Guixols (Spagna) 27 aprile 2002. Barone, collezionista d’arte • «Ha attraversato il secolo scorso, raccogliendo 1500 opere dal Medioevo agli Anni 50, costruendo l’unica collezione del pianeta paragonabile a quella della Regina Elisabetta […] Magnate dell’industria pesante tedesco-ungherese, e più importante collezionista d’arte antica (e in parte moderna) al mondo, è morto ieri, all’età di 81 anni, a San Feliu de Guixols, in Catalogna. Figlio di un gigante della finanza e di una baronessa tedesca, Margarita Bornemisza, Hans Heinrich nasce nel 1921 in un centro vicino all’Aia. Un anno prima, nel 1920, il padre Heinrich, amico di Auguste Rodin, inizia una collezione d’arte antica, e a lui contemporanea, che lo porterà a radunare 500 opere. La crisi del 1929 e il decadimento economico di mercanti e collezionisti, porta von Thyssen Sr. a comprare grandi quantità di opere a poco prezzo che saranno collocate nella loro casa storica di Lugano dove si trasferiranno nel 1932, dopo l’avvento del nazismo. in quegli anni che viene acquistato il Ritratto di Giovanna Tornabuoni del Ghirlandaio e si forma il nocciolo della collezione. E, nello stesso periodo, con la produzione di armi, il capitale di famiglia diventa sempre più florido. Ai von Thyssen piace vivere nel bello, nell’eccesso di grazia, tanto che, nella loro residenza, la splendida Villa Favorita, ad Hans, allora quindicenne, viene dedicata un’ala piena di opere. Eccessivo e capace in ogni manifestazione della vita, il giovane, alla morte del padre, nel 1947, prende le redini della produzione. Costruisce la maggiore centrale idroelettrica tedesca e, negli ultimi anni, riunisce negli Stati Uniti la Thyssen-Boerneisza Group con 250 aziende, in otto settori, che vanno dall’informatica alle macchine agricole. Come nell’arte, il suo spirito di ricerca si spinge sempre oltre i confini. Non un’unica tipologia aziendale ma molteplici, perché il barone accumula, moltiplica, mette insieme pezzi di un puzzle composito. Da Duccio da Bonisegna a Van Dyck, dal Bronzino a Monet, a Kandinsky, Fontana, Picasso sino ad arrivare alla Pop Art, dove la scelta dei pezzi non raggiunge lo stesso livello di quelli del passato. Dalle 500 opere del capitale base lasciate dal padre, la sua collezione arriva a 1500 pezzi, tra quadri, sculture e disegni, dislocati in varie parti del mondo. Sino alla metà degli anni 80, a Villa Favorita a Lugano, ci si poteva immergere nello straordinario mosaico di capolavori custoditi in riva al lago, che un’unica famiglia era riuscita ad assemblare. L’eterogeneità delle scelte del barone e la sua irrequietezza riguardava anche i sentimenti. Ebbe infatti quattro mogli, delle quali l’ultima, la Carmen, lo portò via da Lugano e trascinò in Spagna anche la parte più ingente della collezione: 755 opere. Imparentata con la famiglia reale, Carmen convinse il barone a trasferire il suo tesoro, poiché la città di Lugano e il Canton Ticino, non risposero mai alla richiesta di von Thyssen di costruire una sede adeguata dove custodire la collezione nel suo complesso. Poiché a Villa Favorita, dove si facevano mostre straordinarie ma sempre parziali, la famiglia continuava a vivere. Dopo sei anni di trattative il governo spagnolo, nel 1993, firma un accordo che prevede l’affitto delle opere, per un periodo limitato e per 42 milioni di dollari. Collocate a Villahermosa, in un palazzo ottocentesco ristrutturato da Rafael Moneo, tra il museo del Prado e il Reina Sofia a Madrid, le opere della collezione, soffiate alla Svizzera, sono ora diventate spagnole. Il barone amava l’arte, ma non aveva rapporti con artisti viventi e col mondo delle gallerie d’avanguardia. Dicono che frequentasse aste secondarie e che non amasse mettersi in mostra. I pareri controversi sulla sua persona lo dipingono ora un principe, ora un uomo freddo e discutibile. Così mentre nella sua collezione (sessanta capolavori, appartenenti all´ultima moglie Carmen sono in questi giorni in mostra a Palazzo Ruspoli a Roma) i brillanti colori fauve, i paesaggi dell’impressionismo, le veneri e le madonne col bambino, convivono con le forme dell’astrattismo, ci si chiede se sia stato un principe, un mecenate o un mercante. Sicuramente un uomo che ha avuto nelle proprie mani il potere di una grande dinastia industriale e una fetta non trascurabile della storia dell’arte» (Manuela Gandini, ”Corriere della Sera” 28/4/2002).