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 2002  maggio 11 Sabato calendario

Cocker Joe

• Sheffield (Gran Bretagna) 20 maggio 1944. Cantante • «Un eroe del rhythm’n’blues, un personaggio che è passato attraverso mille avventure, che ha cantato pagine memorabili della storia della musica popolare, che ha frequentato il diavolo (droghe, alcol: eccessi da cui si è tirato fuori in tempo) e lo ha guardato negli occhi, per provare a carpirgli l’unico segreto che gli sta a cuore, quello che lo danna da quando è ragazzo, il segreto del blues. ”Io sono ancora un bluesman, non riesco a definirmi in un altro modo, anche quando le mie canzoni sono più pop o melodiche, io canto sempre il blues”. E non provate a definirlo una ”leggenda”, a considerarlo un personaggio da museo del rock: ”Non sono una leggenda, non mi hanno ancora messo in naftalina. L’altra sera ero con Marianne Faithfull per uno spettacolo, e quando stavano per presentarci come leggende gli abbiamo detto, ”guardi che siamo qui, cantiamo ancora, siamo dei working artist”. [...] ”Non ho una buona memoria, quindi più che ricordare il passato preferisco giocare le mie carte oggi. Sono fortunato ad avere un contratto discografico, a poter proporre la mia musica e ad avere la forza per andare avanti. Non puoi restare sempre e solo legato al passato, devi evolvere, anche per non essere travolto dall’industria discografica, che oggi è quasi unicamente una macchina per soldi. Io so che se continuerò a fare quello che so fare e a farlo bene, forse resterò anche dopo che questa ondata sarà passata” [...] Il grande campione di Woodstock, l’unico al mondo che è riuscito a cantare una canzone dei Beatles facendo sembrare la sua versione un originale (With a little help from my friends), non sente davvero la nostalgia di quegli anni? ”Certo, qualcosa di quei tempi mi manca, l’entusiasmo, la follia, la creatività. Oggi è tutto più appiattito e uniforme. Quando mi chiedono com’era quel tempo per me è sempre difficile spiegare. Ero in un pub di Sheffield a cantare e tre anni dopo ero a Woodstock, pronto a diventare un hippie, in un clima di libertà e magia davvero inspiegabile. Ma durò poco, quando arrivarono gli anni Settanta tutto si fece cupo, calò il sipario e molti si persero. Io sono qui, con la mia musica di oggi, non devo vivere solo di ricordi, ed è un eccellente risultato”» (Ernesto Assante, ”la Repubblica” 6/5/2002). «Da anni ormai vive in una fattoria in Colorado, con la moglie americana e un allevamento di maiali. ”No, no, i maiali sono una storia vecchia [...] adesso alleviamo buoi africani. Le mie passioni sono il blues e gli animali. Della musica che gira intorno non m’importa un fico. Il rap mi ha sempre lasciato indifferente. Sono felice che oggi, dopo anni di musica computerizzata, si stia tornando al suono acustico, voce e chitarra. una bella rivincita per quelli come me che sono incapaci di esprimersi con la raffinatezza e la pulizia che oggi il mercato impone. Io sono un interprete ruvido, i miei maestri sono Memphis Slim, John Lee Hooker e il grande Donny Hathaway [...] ho conosciuto Hendrix e Janis Joplin. Ricordo quella volta che m´invitarono a Los Angeles a casa di Jimi. C’erano ragazze nude dappertutto e di lui neanche l’ombra. Arrivò dopo due ore e senza rivolgermi la parola attaccò la chitarra all’amplificatore e cominciò a suonare. Janis invece venne nel mio camerino col suo chitarrista. ’Vorrei fare un duetto con te, Joe’, disse. E io: ’Non credo di voler cantare con te’. Mi sono pentito per tutta la vita di aver detto di no. Ora il mio sogno è di duettare con Aretha Franklin, ma forse ormai è troppo tardi [...] L’ultima volta che sono stato a Londra, nel mio ristorante preferito c’erano solo stranieri. A Sheffield vado di rado. Dopo la morte di mio padre, ho venduto la vecchia casa e ho tagliato i ponti con il passato [...] Sono uno di quelli che gli americani chiamano resident alien. Tante volte ho provato a riempire il formulario per cambiare cittadinanza, ma poi al momento di giurare e di stendere il braccio in quel modo un po’ nazista mi sono bloccato. Ho un solo rimpianto, di non poter votare. [...]”» (Giuseppe Videtti, ”la Repubblica” 4/10/2004).