varie, 11 maggio 2002
SGARBI
SGARBI Elisabetta Ferrara 9 luglio 1956. Editor. «Di mestiere editor presso la Bompiani e di famiglia sorella dell’assai famoso Vittorio, è una sperimentarice per vocazione e necessità. ”Mi piace attraversare le cose. Ma non è la noia a muovermi: è la curiosità. E poi, come mio fratello, non distinguo i momenti di ozio da quelli di lavoro”. Non paga del suo ruolo in casa editrice, è infatti l’animatrice di ”Milanesiana” dove s’è fatto vedere perfino un regista restio come Terence Malick, quello di La sottile linea rossa; è autrice di documentari che girano per il mondo; costeggia amandolo il cinema di qualità tanto da aver fatto pubblicare libri con firme che vanno da Carmelo Bene a Enrico Ghezzi. [...]» (Simonetta Robiony, ”La Stampa” 6/5/2002). «[...] una donna che ama il silenzio e la solitudine e vorrebbe essere riconosciuta per il lavoro che fa, cioè pubblicare Saramago e Coelho, Rezza e Ghezzi, Ben Jelloun e Kureishi, Ben Okri e Malouf [...] una ragazza di provincia, nata sull’argine del Po, con tanta voglia di andare oltre quell’argine [...] gli anni della farmacia a Ro Ferrarese, la scelta della solitudine, i primi tentativi editoriali, lo sbarco a Milano, alla Bompiani, dove riesce finalmente a fare quello che aveva sempre voluto, ”entrare” dentro il libro [...] Perché farmacia? ”Perché i genitori hanno una farmacia e il fratello maggiore ha scelto prima di me [...] Non mi piaceva la chimica, avevo l’idea che la formazione scientifica fosse meno nobile di quella classica, che non ci fosse possibilità di dialogo attraverso le formule. Le facoltà umanistiche erano anche più vivaci politicamente. Così avevo una tendenza all’autoafflizione, Ho vissuto ogni giorno rifiutando quello che facevo. Mi abbandonavo resistendo [...] A Ro Ferrarese non c’era assolutamente nessuno [...] La chimica non mi piaceva e tutto ciò che non mi piace io devo combatterlo. Uno scrittore di cui ho molto amato i libri, Gian Antonio Cibotti, mi segnalò a una casa editrice, lo studio tesi di Pordenone, per la quale cominciai a fare il lettore. Non per molto. Incontrai Mario Andreose che mi chiese se volevo entrare alla Bompiani come ufficio stampa. Ci misi pochi giorni per capire che quel lavoro non corrispondeva alle mie attitudine. Ruotare attorno a un libro dall’esterno per pura promozione non aveva a che fare con l’idea che mi ero fatta del mio lavoro in casa editrice. Allora tanto valeva che restassi in farmacia, che in fondo era un lavoro più nobile, servire la gente malata. Dopo un po’ abbandonai il ruolo di capo ufficio stampa per entrare in redazione [...] Mi piaceva entrare nel libro, capire che cosa c’era dentro, lavorare con l’autore, cercare i testi, selezionarli. In redazione all’inizio mi occupavo di narrativa italiana, ho avuto rapporti con autori come Tondelli, De Carlo [...] Poi mi sono occupata di poesia e di letteratura straniere [...] Un mio maestro è Enrico Ghezzi. Mi piacerebbe scrivere come scrive lui, mi piace il suo modo di raccontare. Saggismo con fughe nella narrativa” [...]» (Claudio Sabelli Fioretti, ”Sette” n. 28/2000).