20 maggio 2002
Privitera Michelangelo, di anni 70. Generale in pensione, presidente dell’associazione dei combattenti ”Nastro azzurro”, originario di Rieti, sposato, due figlie, passava le giornate tra passeggiate e letture nei pressi di casa sua, a via Doni, Firenze
Privitera Michelangelo, di anni 70. Generale in pensione, presidente dell’associazione dei combattenti ”Nastro azzurro”, originario di Rieti, sposato, due figlie, passava le giornate tra passeggiate e letture nei pressi di casa sua, a via Doni, Firenze. Di tanto in tanto riceveva minacce telefoniche dall’ex capitano Costa Giuseppe, di anni 49, originario di Terranova da Sibari, Cosenza. Dieci anni fa costui, di stanza a Firenze, era stato costretto a lasciare l’esercito perché denunciato per insubordinazione. Subito dopo aveva visto dissolversi anche il matrimonio con una vigilessa sua conterranea. Da allora viveva solo a Verona, senza lavoro, mantenuto dai genitori. Di tutto ciò egli incolpava il Privitera, che quindi riempiva di improperi e minacce. L’altro giorno, non sapendo più che inventarsi, montò sulla sua vecchia Golf color canna di fucile, passò a Reggio Emilia per comprare una Smith & Wesson e si diresse a Firenze, dove giunse alle 2 e 30. Dopo aver dormito sui sedili, intorno alle 8, volto quadrato, baffi, capelli appena brizzolati, maglione azzurro e jeans, s’appostò davanti alla porta del generale. Il Privitera uscì alle 9 volteggiando in un impermeabile chiaro e s’andò a comprare i giornali senza accorgersi d’esser seguito. Fu colpito quando, uscendo dall’edicola, si dirigeva tranquillo verso la fermata dell’autobus: sei colpi, gli ultimi quando era già a terra. Con la pistola ancora in mano il Costa risalì in auto e partì rombando: la sua fuga fu interrotta quasi subito dai camionisti che per protesta avevano incolonnato i tir e procedevano a passo di lumaca.