Varie, 23 maggio 2002
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FagioloDellArco Maurizio
• Roma 22 novembre 1939, Roma 11 maggio 2002. «Una carriera cominciata molto presto con un maestro d’eccezione, Giulio Carlo Argan, del quale fu prima allievo e poi stretto collaboratore nell’insegnamento alla Sapienza e all’Accademia di Roma. Bernini, Caravaggio, naturalmente Borromini, le grandi passioni che gli aprirono la strada a un filone d’interventi sulla festa barocca che culminarono in quell’Effimero barocco del 1977 richiestogli da Federico Zeri per la Storia dell’arte pubblicata da Einaudi. Passioni che fecero di lui anche un importante collezionista. Era il 19 novembre del 1999, alla soglia dei 60 anni, quando presentò a Palazzo Chigi, lo stesso dove Luchino Visconti aveva ambientato gli interni del Gattopardo, la sua raccolta: 45 dipinti del ”suo” Barocco (dal Bernini al Baciccio, dal Cavalier d’Arpino al Borgognone, da Mola a Pietro da Cortona, Lemaire, Andrea Pozzo, Andrea Sacchi e al Sassoferrato) donata al Comune di Ariccia. Il catalogo, pubblicato da Skira, vantava interventi di sir Denis Mahon, tra i massimi studiosi del 600 italiano, dell’allora direttore del Louvre Pierre Rosenberg e di una trentina di personalità del Gotha della storia dell’arte italiana. ”Non ho mai pensato di collezionare per fare denari. La mia raccolta è un percorso: sono i quadri attraverso i quali ho studiato il Barocco. Il primo l’ho comprato nel 1970 e non lo possiedo più. Il più antico in mostra è del 1975: all’epoca erano dipinti che costavano ancora molto poco”, disse in un’intervista al ”Messaggero”. E, in quella stessa occasione, confidò un suo cruccio. Lui, che si era molto occupato del Novecento Romano, non era riuscito a comprare un’opera di quel periodo: ”I De Chirico e i Balla che vorrei sono troppo cari: il moderno è firmato e l’antico, che spesso è sporco e mal restaurato, invece ti permette qualche volta di fare delle belle scoperte”. Al pittore metafisico dedicò una quarantina di volumi. All’artista futurista, una ventina tra libri e cataloghi. Aveva conosciuto le due ”Signorine” Balla, Luce ed Elica nel 1967 e quel filo sottile della memoria che le univa al padre gli fu di grande aiuto per il catalogo ragionato, oltre al numeroso materiale inedito conservato nell’abitazione e fino a quel momento sottovalutato. Un’amicizia che s’interruppe solo con la scomparsa di Luce nel 1994, dell’Arco lavorava all’inventario delle opere conservate in Casa Balla» (Giuseppina Rocca, ”Il Messaggero” 12/5/2002).