23 maggio 2002
ISOTTA Paolo
ISOTTA Paolo. Nato a Napoli nel 1950. Giornalista. Del ”Corriere della Sera”. «Ultimo superstite di tremila anni di civiltà europea prima che l’età della tecnica e la democrazia avessero la meglio. Una civiltà che sapeva scrivere, studiare, concentrarsi, parlare, sintetizzare, pensare e addirittura ragionare. Crebbe a Napoli (detesta De Crescenzo, e ciò basti) solitario e saturnino, sino a divenire una delle menti più colte in circolazione e probabilmente la più erudita del mondo in campo musicale. Nel 1974, ventitreenne, scrisse un libro su Rossini copiatissimo dai vari baricchi, e mai citato. Coi proventi si comprò una Mini Minor. Nello stesso anno divenne critico musicale del ”Giornale”. Fu severo col baritono Renato Bruson e questi, incontratolo in un teatro, cercò seriamente di strozzarlo; il critico fu salvato da due attrezzisti. Docente universitario, passò al ”Corriere della Sera” e fu sollevazione della sinistra musicalmente corretta: scioperi, presidi; manifesti di intellettuali e così via. Non poteva presentarsi in via Solferino, un dirigente del quotidiano gli portava lo stipendio direttamente a casa, di nascosto. Aveva ventotto anni. Ha ricominciato a scrivere sul ”Corriere”, ultimo esponente della critica musicale propriamente detta. Conosce le partiture meglio della maggioranza dei direttori d’orchestra. Scrive a mano e quasi non ha bisogno di rileggere. Superbo, sensibile, nichilista, cioraniano, bovarista maschile, accidioso divenuto col tempo più distaccato, ama e odia moltissimo. Giudica dalle apparenze e può permetterselo. D’essere un superstite, gli piaccia o meno, lo sa. Ha sostenuto che lo studio, l’approfondimento e la forzata inabitudine alla routine siano forse stati, per lui, un modo di crearsi dei doveri per non vivere, dei pretesti per confessarsi: ”Non ho tempo di pensare a vivere, non sarei capace di vivere neanche se lo volessi”. Sa, invece, tutto su jella e jettatori, ha promesso un saggio sull’argomento. Siamo in attesa. Un’enciclopedia che lo cita, ha sbagliato la sua data di nascita: ha scritto 1946 invece di 1950. superiore allo stesso Muti» (Pietrangelo Buttafuoco, ”Dizionario dei nuovi italiani illustri e meschini”, 17/10/1998). «Ebbi la disgrazia di nascere in una famiglia della media borghesia, detentrice, ulteriore sventura, di biblioteca da qualche generazione. Una vita non basta a scontare siffatto vizio genetico. Il deocoro, l’abito virile, il contegno, l’osservanza della parola data, il rispetto verso i deboli e gl’indifesi... Il solo decus è terribilmente dispendioso [...] Mi odio, mi sono sempre odiato. Sin dall’adolescenza ho fortemente desiderato essere un ”sociale” [...] Come vorrei mi piacesse sballarmi per notti in un’immensa discoteca di Rimini, seguire in trasferta la squadra del cuore! [...]» (Paolo Isotta, ”Sette” n. 30/1999).