23 maggio 2002
PILO Gianni
PILO Gianni. Nato a Macomer (Nuoro) il 3 settembre 1954. Politico. «Il pelatissimo mago dei sondaggi del berlusconismo della prima ora» (Mario Ajello). «Ecco cosa scrive Pilo di Pilo. Nel curriculum: ” stato tra i fondatori di Forza Italia, diventando protagonista di uno dei più clamorosi casi di marketing politico”. [...] Era ovunque, sparava i numeri, pareva un computer. Michele Serra lo definì ”un androide”, lo sfotteva mezzo mondo. Solo che aveva ragione: Forza Italia vinse, Berlusconi arrivò a Palazzo Chigi. E non basta. Pilo, sempre lui, nel ’96 si mise a dire che ”Prodi era temibile” e che ”il Polo rischiava grosso”. Appunto [...] ”La cosa che mi ha fatto male di più... in tutta la vita... è Berlusconi che va in tivù, da Vespa, e dice ’Pilo non mi aveva avvertito’. Ma io l’avevo detto, certo che l’avevo detto: signori, qui si perde... Bene: è lì, in quel momento, che decisi di abbandonare i sondaggi. Poi, ecco, ci ho messo un po’ di tempo per lasciarli veramente e cambiare vita” [...] ha fondato una società che si chiama B612 ”come l’asteroide del Piccolo Principe di Saint Exupéry, la favola pacifista”. Segue i media, la televisione [...] ”Sono tornato a Milano dopo tre anni di esilio a Bologna. Lì sono stato eletto deputato, nel proporzionale, lì ho lavorato, per coerenza. Fino a lanciare Guazzaloca [...] contro il parere di Forza Italia locale. Mi ha fatto bene, l’Emilia. Ho Chi Minh diceva ’bisogna farsi sempre più esperti e sempre più rossi’. Io, invece, sono diventato un esperto di rossi” [...] Sardo di Macomer, Gianni Pilo. Di sinistra, ai tempi. Fece il liceo a Cagliari, entrò subito nel movimento studentesco. ”Inadatto a menare le mani... tenevo i rapporti con gli artisti [...] Li convincevo a fare le mostre nei quartieri popolari. Il mio faro? Tonino Casula. Inventava i manifesti per il Pci, glieli bocciavano quasi sempre: troppo intelligenti”. Vita spericolata, diciotto mestieri. Fino a quando, inizi anni ’80, Berlusconi in persona lo preleva dalla Sardegna e lo porta a Milano. ”Il Cavaliere cercava talenti nelle tivù locali: prese me, Roberto Giovalli, Giorgio Gori [...] Verso Berlusconi ho un grande debito affettivo. Mi ha dato le chance in un momento in cui la Rai voleva la tessera di partito e la Fiat gradiva il doppio cognome: io ne ho uno solo, per di più piccolo” [...]» (Venanzio Postiglione, ”Sette” n. 1571999).