Varie, 23 maggio 2002
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Serrault Michel
• Brunoy (Francia) 24 gennaio 1928, Honfleur (Francia) 29 luglio 2007. Attore • «Interprete dai mille volti, mimetico eppure indimenticabile nei tanti film che gli hanno dato premi e successi com Il vizietto dove ha recitato al fianco di Ugo Tognazzi [...] Dal cabaret al teatro, dopo l’incontro fondamentale con l’attore e sceneggiatore Jean Poiret, “Legion d’Honneur” nel 1991 per decisione del presidente Chirac, ha recitato in oltre 100 pellicole. [...] “Cosa mi piace di meno? Quando mi trovo con un partner che si comporta da solista, dimenticando che girare un film è come suonare in un’orchestra in cui anche il più bravo dei violinisti deve sapersi amalgamare con tutti gli altri. Per ottenere i risultati migliori bisogna fare lavoro di squadra e, tra gli attori, dev’esserci divertimento e complicità. [...] L’ideale per un attore è sparire dentro il personaggio che interpreta. Quando recito difendo sempre il mio personaggio, accetto le situazioni in cui si viene a trovare. Non ha senso fare questo mestiere rifiutando le parti di gay, di cornuto, di anziano. Può succedere che ci siano quattro personaggi e quattro attori magnifici che li interpretano ma, se ognuno segue uno spartito diverso, l’effetto è inevitabilmente cacofonico. [...] Adoro l’invenzione e i toni del surreale. Nella vita c’è già molta realtà, al cinema si può chiedere qualcosa di più. [...] Il regista è secondario perché quando si alza il sipario e l’interprete è lì sulla scena nessuno può tagliarlo o interromperlo. Contano solo le emozioni che riesce a trasmettere agli spettatori”» (Fulvia Caprara, “La Stampa” 29/12/2003) • «È un uomo lieto, un irrefrenabile chiacchierone e un grande attore. L’ultimo, assieme a Michel Piccoli e a Michel Bouquet, di quella magnifica generazione francese nata a negli anni 20. La generazione di Montand e Lino Ventura. Pur avendo debuttato con Clouzot in Les diaboliques (1954) e avendo girato con Vadim, Miller, Chabrol, nei cuori degli italiani resterà per sempre l’Albin-Zazà Napoli, l’eccentrico omosessuale compagno di Renato-Ugo Tognazzi nel Vizietto. Tanto che, quando dopo Nelly e monsieur Arnaud, ci dovemmo inchinare anche davanti al suo genio tragico, ci fu difficile pensare che il giudice disperato di Sautet non fosse lo stesso agghindato soubrettone della commedia di Molinaro. Da Zazà (che ebbe diritto a tre episodi) in poi ha giocato a spiazzarci. È stato l’anziano marito separato e ancora innamorato della moglie in Buon Natale buon anno di Comencini, il bizarro professore nel remake di Belfagor, fino all’ingegner Semenza in Vajont di Lorenzo Martinelli. E […] “Non so mai come faccio. Leggo la sceneggiatura e inizio a recitare quando il regista dice: azione. Una volta imparata la storia del film, l’importante è il partner. A voler essere cattivi, alle volte è anche più importante del regista […] Ho fatto tanto teatro. Prima di diventare un film, quello che voi chiamate Il vizietto (La cage aux folles) è stato per cinque anni, dal 1973 al 1977, un grande successo teatrale francese. Allora mi dava la replica Jean Poiret con il quale negli anni 50 ho formato un duo di cabaret molto popolare. Poi il cinema mi ha catturato […] Mi diverto sempre perché io non sono i miei personaggi. Però li difendo e cerco di tirare fuori la loro parte migliore. Se non posso farlo rinuncio al film. Prendiamo Zazà. Tutto sembrava così scontato: una macchietta, un uomo ridicolo. Però quando si presenta in giacca, cravatta e scarpe inglesi, il pubblico piange, capisce il suo dramma e non lo dileggia più […] Negli ultimi tempi poi, mi fanno sempre morire e proprio non mi disturba. […] Stavo anche per farmi prete; da giovane sono entrato in seminario, poi un giorno sul metrò ho incontrato gli occhi di una ragazza e ho capito di non essere destinato alla castità”» (Laura Putti, “la Repubblica” 12/5/2002).