Giorgio Soavi, "Il Sole-24 Ore", 26/5/2002 pagina 29., 26 maggio 2002
«Tu Indro sei sempre stato depresso ma, a differenza degli altri, di Giuseppe Berto per esempio, che lo dava a vedere ed era disperato perché non riusciva a lavorare, cioè a scrivere, tu, a differenza degli altri depressi, sei sempre andato avanti a lavorare, come se niente fosse
«Tu Indro sei sempre stato depresso ma, a differenza degli altri, di Giuseppe Berto per esempio, che lo dava a vedere ed era disperato perché non riusciva a lavorare, cioè a scrivere, tu, a differenza degli altri depressi, sei sempre andato avanti a lavorare, come se niente fosse. Una ben strana depressione, la tua» «Bè, è la mia. Io riesco a lavorare. Ma adesso sono proprio stufo, proprio stufo marcio. Sono stufo di saper scrivere dei libri sulla storia d’Italia, stufo di sapere a memoria nomi e cognomi e grado degli ufficiali tedeschi che avevano deciso l’attentato a Hitler, stufo di spiegare come è fatta l’Italia e gli italiani e quindi di rispondere ai lettori con o senza il sorriso sulle labbra. Non mi diverto più. E quando vado a spasso nei giardinetti sotto casa non sto più a pensare all’inizio dell’articolo che scriverò tra due ore. Non mi va. Non mi va più niente. E quella dichiarazione sull’eutanasia, che mi sembra regolare, logica, leale verso me e verso tutta la mia natura di condannato a vivere, è semplicemente una virgola in più. Temo di non avere più una virgola. Né in più né in meno» (Indro Montanelli a Giorgio Soavi, nella loro ultima telefonata pochi giorni prima della morte).