Eliana Di Caro, "Ventiquattro" 6/2002, 4 giugno 2002
Nel Vittoriale di D’Annunzio sul lago di Garda, un ingresso interamente rivestito di legno con una serie di angeli dorati che danno il benvenuto, un’acquasantiera, una colonna in cima a sette scalini per dividere gli ospiti (a loro insaputa) in due schiere: seccatori da un lato, persone gradite dall’altro
Nel Vittoriale di D’Annunzio sul lago di Garda, un ingresso interamente rivestito di legno con una serie di angeli dorati che danno il benvenuto, un’acquasantiera, una colonna in cima a sette scalini per dividere gli ospiti (a loro insaputa) in due schiere: seccatori da un lato, persone gradite dall’altro. All’interno, sedici stanze tra cui lo studiolo, dove il poeta amava pranzare da solo e dove morì il primo marzo del ’38, e la stanza del mappamondo, con oltre 33 mila volumi. Sparsi in tutta la casa più di 160 tappeti, svariate lampade a forma di zucca in vetro di Murano, tende pesanti dappertutto e cineserie d’ogni foggia (tra le altre, la coperta persiana del letto, in seta color avorio con minuti ricami celesti, dono della moglie Maria Hardouin). Nella sala da pranzo, a un capo del tavolo, un’enorme tartaruga dal corpo in bronzo: il guscio, però, è quello vero della tartaruga donata a D’Annunzio da Luisa Casati e morta nei giardini del Vittoriale per indigestione di tuberose.