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 2002  giugno 04 Martedì calendario

Celebrato ieri all’Aja, in Olanda, il primo matrimonio gay tra due italiani: Antonio Garullo, 37 anni, capelli neri e occhi vivaci, e Mario Ottocento, 30 anni, biondino dal fisico atletico, entrambi di Latina

Celebrato ieri all’Aja, in Olanda, il primo matrimonio gay tra due italiani: Antonio Garullo, 37 anni, capelli neri e occhi vivaci, e Mario Ottocento, 30 anni, biondino dal fisico atletico, entrambi di Latina. Si sono sposati alle 12.30 nel Municipio vecchio della capitale olandese di fronte alle rispettive famiglie, ad amici di vecchia data, a giornalisti e a una piccola delegazione dell’Arcigay. «Un’emozione grandissima, mi tremavano le gambe» ha dichiarato Garullo, giunto in Municipio con un completo di lino color sabbia, subito abbracciando Ottocento, in completo blu e camicia bianca botton down a righe oblique rosse, e ringraziando la ”suocera”, testimone delle nozze, in completo blu e camicetta color panna. «Sono contenta» - ha confessato sorridendo la donna - «Perché vedo la gioia negli occhi di Mario. Ho quattro figli che sono tutta la mia vita, siano gay o no». Il funzionario che ha celebrato la cerimonia ha accolto la coppia con le parole «Sposo e altro sposo siate i benvenuti», aggiungendo che «Questo di oggi è un pezzo di storia, poiché l’Olanda è l’unico paese al mondo che permettte di celebrare matrimoni omosessuali, dando loro lo stesso valore di quelli eterosessuali». Per quanto riguarda l’Italia, i comuni di Bologna, Firenze, Pisa, Ferrara, Terni e Voghera, hanno intanto approvato l’istituzione del registro per le ”unioni civili” e riconosciuto il patto di convivenza tra coppie di fatto dello stesso sesso. Nel discorso conclusivo, in un ristorante olandese in stile Settecento non lontano dal Municipio, gli sposi hanno sottolineato l’importanza del loro matrimonio: «Queste nozze non sono solo un fatto privato, intimo e bellissimo, ma anche l’inizio di una battaglia per il riconoscimento in Italia del nostro status di coniugati. Se sarà necessario, arriveremo a un pronunciamento della Corte europea dei diritti umani di Strasburgo».