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 2002  giugno 04 Martedì calendario

GRILLI Vittorio

GRILLI Vittorio Milano 19 maggio 1957. Economista. Viceministro dell’Economia nel governo Monti (2011-). Già direttore generale del ministero dell’Economia, Ragioniere di Stato (2002-2005), dal febbraio 2011 alla guida del Comitato Economico e Finanziario (Ecfin), l’organo intergovernativo che ha il compito di preparare le decisioni del Consiglio Ecofin in collaborazione con la Commissione • «Ha il privilegio di essere uno dei pochi mortali che godono della stima sia di Giulio Tremonti sia di Vincenzo Visco [...] L’ex ministro diessino Visco al momento della nomina (al posto di Andrea Monorchio) disse: “Per una volta Tremonti ha fatto quello che avrei fatto anch’io”. […] Studi superiori al liceo Gonzaga, università alla Bocconi, è un classico figlio della buona borghesia meneghina. Il padre Massimo aveva un’azienda: ramo macchine per il caffè. La madre, Maria Ines Colnaghi, è un’importante ricercatrice oncologica. Ma lui non ha seguito né l’una né l’altra inclinazione e invece di diventare imprenditore o medico (“provai a fare il volontario alla Croce Verde ma capii di non avere un buon rapporto con il sangue” ha raccontato) ha scelto di darsi alla scienza triste, l’economia. Prima in Italia e poi negli Usa. Durante il PhD a Rochester nell’Ontario ha conosciuto una giovane assistente universitaria, Lisa, che sarebbe diventata sua moglie. E successivamente è a Yale che è entrato in contatto con Luigi Spaventa, Mario Draghi e Francesco Giavazzi. Saranno proprio Spaventa da ministro del Bilancio e Draghi da direttore generale del Tesoro, sotto il governo Ciampi, a chiamarlo a lavorare con loro. Da qui l’etichetta che alternativamente gli viene applicata di Ciampi boy o Draghi boy. Al ministero del Tesoro si è occupato per sette anni di privatizzazioni accumulando un’esperienza forse senza pari. “A uno studente di economia - ha detto in una delle rarissime interviste rilasciate - consiglierei di vivere per qualche anno l’esperienza del settore pubblico. In queste stanze si vedono cose che un professionista privato non vedrà mai”. E lui fuori da quelle stanze è riuscito a restarci appena un anno e mezzo. Nel settembre del 2000 decise di lasciare il Tesoro e andare alla Bocconi a insegnare. Qualche mese dopo il Crédit Suisse First Boston lo convinse ad accettare l’incarico di capo per l’Europa dell’investment banking. Ma nel maggio del 2002 era di nuovo a Roma in via XX Settembre per raccogliere la difficile eredità di Andrea Monorchio, il grand commis per antonomasia. Delle sue passioni politiche si sa pochissimo. Chi lo ama lo definisce “un indipendente”, chi lo teme “un trasversale”. Delle sue passioni private è trapelato qualcosa in più: è il Nesta di una squadra di calcetto, composta quasi tutta da merchant banker, che si allena regolarmente in un campo dei Parioli a Roma» (Dario Di Vico, “Corriere della Sera” 6/9/2002) • «Grandi occhi, sorriso comunicativo, poche parole, e il fisico compatto di chi tiene la posizione. Studio, tanto. Lavoro, tanto. Vacanze, poche. Nemmeno da assistent professor dell’Università di Yale. Nelle università americane la competitività è spietata e c’è sempre qualcuno pronto a superarti con pubblicazioni più aggiornate, spiegava nel 1987 ad un giornalista del Mondo. Moglie americana, e qualche partita a calcetto. Ha messo insieme un curriculum di prim’ordine. Brillante laurea alla Bocconi, borsa di studio della Banca d’Italia ai tempi in cui Ciampi era governatore, un dottorato a Chicago che gli ha portato sette offerte dalle più importanti università del mondo. Quando Mario Draghi- che se l’era vista brutta con l’Italia sull’orlo della crisi finanziaria e Moody’s che aveva declassato il debito pubblico- decise che era arrivato il momento di sprovincializzare il ministero portando un gruppo di consulenti che sapevano come girava il mondo fuori dai nostri confini, approdò nel palazzone di Via XX settembre, e subito diventò braccio destro del direttore generale. Siamo a fine ’92, nel ’93 è uno dei massimi dirigenti del Tesoro, alter ego di Draghi nella grande stagione delle privatizzazioni che varrà all’Italia il record mondiale di privatizzazioni realizzate negli anni ’90. Ma non solo. È stato anche nominato responsabile del servizio debito pubblico, con il compito di razionalizzare le emissioni per ridurre il costo di quel macigno che rende ogni citadino italiano indebitato di qualche decina di milioni già al momento della nascita. Ha cercato di sostituire la massa ingente di Bot che ogni tre mesi venivano messi sul mercato con titoli a più lunga scadenza. E piano piano di ridurne i tassi di interesse. Ha ottenuto buoni risultati, grazie anche alla fiducia che verso la fine del decennio l’Italia si è riconquistata sui mercati internazionali. Resta al Tesoro fino a novembre del 2000. Per la sua amicizia con Draghi e con il presidente della Repubblica, è definito uno dei “Ciampi boy’s”. Certamente non è uomo di destra. Eppure lascia il ministero quando Amato era a Palazzo Chigi e il suo ministro era Vincenzo Visco. Ci ritorna con Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti. È stato Domenico Siniscalco, il nuovo direttore generale che ha sostituito Draghi a settembre del 2001, a volerlo su quella poltrona. Tremonti ha fatto propria questa scelta. Lo stesso Tremonti, d’altra parte, aveva chiamato Siniscalco al Tesoro» (Rossella Lama, “Il Messaggero” 17/5/2002) • «“[...] Dal 1993 al 2000, con Mario Draghi direttore generale del Tesoro, sono stato responsabile delle privatizzazioni. Ero nella squadra del presidente Ciampi quando iniziammo a giocare la partita dell’ingresso nell’euro” […] Trasversale. Indipendente. Fuori dai giochi e dalle etichette partitiche. Sobrio, poco amante della mondanità, gioca a calcetto, a golf, e continua ad andare d’estate in montagna, “come facevo da ragazzo, sulle Dolomiti”. Viene da una famiglia milanese molto esigente: “I miei genitori alzavano appena gli occhi quando portavi un trenta e lode, chiedevano subito: qual è il prossimo esame? Mio padre Massimo, ora in pensione, è stato un imprenditore. Aveva un’azienda di apparecchi per il caffè. L’ha venduta quando ha capito che nessuno dei figli se ne sarebbe occupato. Mia madre, Maria Ines Colnaghi, biologa, è un’affermata ricercatrice oncologica, mia sorella Cristiana è pediatra come suo marito, i miei zii sono anche loro pediatri... Ero destinato fin dalla nascita a diventare medico, mi affascinava moltissimo la ricerca. Da bambino, andavo a trovare mia madre all’istituto dei tumori e la vedevo sempre in camice bianco, in laboratorio. A Natale, ricevevo microscopi e provette per giocare e prepararmi. All’ultimo anno di liceo, prima di prendere la maturità al Gonzaga, cominciarono i primi dubbi. Mi preoccupava l’estremo realismo di esami come anatomia patologica. Mi sembrava di non avere un buon rapporto con il sangue. Provai a fare il volontario alla Croce Verde per mettermi alla prova: una notte alla settimana in ambulanza, per un anno intero. Alla fine, ho lasciato perdere la medicina e ho optato per la Bocconi”. Cinque anni di studi, una laurea in Discipline economiche e sociali con il massimo dei voti, tesi con il professor Onida sulle dinamiche dei tassi di cambio, una borsa di studio della Banca d’Italia per un Phd negli Stati Uniti. Destinazione: Rochester, sull’Ontario. “Rochester non era New York, d’inverno cadono due metri di neve. I primi sei mesi sono stati durissimi, la nostalgia forte... era il 1982, non c’erano ancora Internet, i cellulari. Adesso, per un ragazzo italiano, è molto più facile... Mi ha salvato mia moglie, Lisa. La conobbi proprio al campus, era assistente lettrice di un professore di Economia del Lavoro, Walter Oi, americano di origine giapponese. Oi è cieco, Lisa leggeva i testi al registratore e lui riusciva ad ascoltarli con la velocità accelerata, perfino lunghissime formule matematiche, le captava al volo... Un uomo geniale”. Con Lisa, “che è il mio migliore amico”, il giovane studente del dipartimento di Economia impara ad andare a vela sul lago Ontario, “il proprietario della barca, lo skipper con cui partecipavamo alle regate del sabato era un professore negato, e così... scuffiando insieme nell’acqua gelata, ci siamo fidanzati”. Da Rochester Grilli arriva a Yale. A 29 anni è in cattedra. Insegna per cinque anni. E intanto partecipa ai “summer camp”, i campi estivi in cui si ritrovano i migliori economisti del mondo, senza troppe formalità, a discutere dei destini della finanza internazionale. “Lì ho conosciuto Luigi Spaventa, Mario Draghi, Francesco Giavazzi. Quando Ciampi diventò primo ministro, con Spaventa al Bilancio e Draghi alla direzione generale del Tesoro, mi hanno chiamato a lavorare con loro […] Leggo i conti cercando di immaginare e prevedere le loro conseguenze... e spero di evitare sorprese. L’unica superstizione che ho avuto è legata alla mia barba. Quando insegnavo a Yale, avevo un’aria molto giovanile e in biblioteca non mi prestavano mai i libri, ogni volta chiedevano l’autorizzazione in segreteria, nessuno credeva che fossi un docente. Anche in classe, gli studenti non mi filavano, non mi davano retta. Allora decisi di farla crescere per invecchiarmi. L’ho tenuta dal 1987 al 1998. Nel 1997 feci una promessa al presidente Ciampi, allora ministro del governo Prodi: se avessimo vinto la battaglia dell’euro, me la sarei tagliata immediatamente. E così, dopo il Consiglio Europeo del 2-3 maggio del 1998, data per tutti indimenticabile, la tagliai. Mia madre e mia moglie saranno per sempre grate al presidente...”» (Barbara Palombelli, “Corriere della Sera” 24/6/2002).