Varie, 4 giugno 2002
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Juppe Alain
• Mont de Marsan (Francia) 15 agosto 1945. Politico. Già ministro della Difesa (dal novembre 2010), dal febbraio 2011 ministro degli Esteri. Formazione in lettere antiche, allievo dell’Ena, la Scuola superiore dell’amministrazione statale francese, debuttò in politica nel ’76 come «penna» di Chirac. Ministro degli Esteri dal ’93 al ’95, poi primo ministro di Chirac fino al ’97, quindi leader dell’Ump, il grande partito della destra, ministro dell’Ecologia, sindaco di Bordeaux • «Gli amici gollisti e il presidente Chirac l’hanno sempre considerato “il migliore”, il cervello della destra e il più accreditato successore all’Eliseo. Ma [...] è quasi un ex della politica. La sua è la testa più illustre che viene tagliata nella lunga tangentopoli che ha sfiorato anche il capo dello Stato. Il tribunale di Nanterre lo ha condannato a 18 mesi con la condizionale e alla non eleggibilità per dieci anni, anche in ossequio a una legge approvata nel ’95, da un governo di cui Juppé faceva parte, al fine di moralizzare la vita politica e il finanziamento dei partiti. “Per fare politica bisogna essere eletti, altrimenti non ha senso”, aveva detto Juppé alla vigilia della sentenza, prefigurando il ritiro in caso di condanna. [...] La sentenza è quasi una beffa, per l’appassionato studioso di Montesquieu, aggravata da una motivazione infamante, il “tradimento della fiducia del popolo sovrano”. Per i giudici, è il primo responsabile nella vicenda dei falsi impiegati al municipio di Parigi, pagati dal contribuente ma dirottati al partito, quando Juppé era assessore alle finanze e Jacques Chirac era sindaco. Una buccia di banana, nella foresta della corruzione e, a ben vedere, quasi il sacrificio di un giovane in ascesa al servizio dell’intoccabile Chirac. Se il ritiro sarà definitivo, la destra perde un leader, ma la Francia uno dei più decisi sostenitori della modernizzazione del Paese, anche al prezzo dello scontro sociale. [...] Freddo e calcolatore, un tecnocrate apprezzato anche dagli avversari per l’intelligenza, Juppé ha condizionato la politica dietro le quinte più di quando ha assunto ruoli di responsabilità. Jacques Chirac lo ha sempre ascoltato e difeso anche nelle avversità. Fu Juppé a favorire le elezioni anticipate e perse nel 1997. È stato Juppé a inventare l’Ump, l’unione del centro destra. Ed è stato ancora Juppé fra i più ascoltati consiglieri dell’Eliseo per la legge sulla laicità. [...]» (Massimo Nava, “Corriere della Sera” 31/1/2004) • «“Il tribunale la condanna, Monsieur, per il reato di appropriazione indebita a 18 mesi con la condizionale”. Quando il presidente Catherine Pierce pronuncia queste parole, Alain Juppé diventa pallido come un cencio: secondo la legge elettorale, la pena lo rende automaticamente ineleggibile per dieci anni. Con quelle parole, ascoltate in un silenzio glaciale, il palazzo di giustizia di Nanterre si è trasformato nell´epicentro di un terremoto politico dalle conseguenze imprevedibili: il delfino di Jacques Chirac viene messo ai margini della vita politica. [...] L´ex primo ministro, oggi deputato e sindaco di Bordeaux, è stato condannato in uno dei tanti processi sulla gestione del comune parigino. Assessore alle Finanze, aveva fatto assumere sette persone che in realtà lavoravano per l´Rpr, il partito neogollista confluito nell´Ump, di cui era il segretario. Nessun arricchimento personale, ma un danno alle casse comunali (il sindaco socialista della capitale ha subito chiesto che le somme sottratte vengano restituite). “Ero il boss, me ne assumo le responsabilità”, ha detto più volte. In realtà, con la sua incrollabile (e ammirevole) fedeltà, Juppé fa da scudo a Jacques Chirac, protetto dall´immunità presidenziale: il vero boss era lui, sindaco di Parigi e numero uno dell´Rpr. I finanziamenti illeciti servivano a far funzionare la macchina politico-elettorale che lo ha portato all´Eliseo. Di fronte alla giustizia, però, c´era Juppé e i giudici sono stati impietosi: “La natura dei fatti commessi è insopportabile per il corpo sociale come contraria alla volontà generale espressa dalla legge. Agendo così, Alain Juppé, che era investito da un mandato elettivo pubblico, ha ingannato la volontà del popolo sovrano”. E ha disatteso l´insegnamento dei valori repubblicani impartito nelle grandi scuole come l´Ena, nella quale ha studiato. La legge elettorale prevede che i condannati per alcuni reati patrimoniali vengano radiati dalle liste elettorali e proclamati ineleggibili: il tribunale ha respinto la richiesta di non iscrivere la condanna nella fedina penale per evitare questa conseguenza» (Giampiero Martinotti, “la Repubblica” 31/1/2004).