varie, 4 giugno 2002
ELLE KAPPA
ELLEKAPPA (Laura Pellegrini) Roma 12 novembre 1955. Vignettista. «Si sa solamente quello che dicono le sue battute, e cioè che è di sinistra e faziosa, limpidamente faziosa. La faziosità dichiarata, anzi, è il suo grande vantaggio, la porta come un trofeo e non come un peso, non se ne vergogna, non cerca le sfumature e anzi le rifugge, e la nettezza micidiale delle sue vignette è il godibile frutto di una devozione davvero tenace, quasi da vestale, al fuoco della passione politica. Il disegno, tanto stilizzato da essere diventato, con gli anni, quasi invisibile, è ormai solo un fregio grafico, seppure antropomorfo, che sorregge il lettering. L’attenzione del lettore si consuma interamente sulle due battute, l’una che apre e l’altra che chiude, secondo uno schema fisso e invariabile che ha ormai creato, nel tempo, una ritualità e una consuetudine. […] Essendo una ragazza intelligente, è logico supporre che sia permeabile al dubbio. Solo che non cede, non arretra di un metro: quando il dubbio arriva, fa un battuta anche su di lui, e lo ricaccia nel suo limbo farraginoso. Portando quasi alla perfezione uno schema mentale classico della satira di sinistra (la destra va attaccata perché ha torto, la sinistra va attaccata perché non è capace di avere ragione), sa riservare agli amici la stessa dose di feroce dileggio che infligge ai nemici. (“Perché il candidato premier non può essere un diesse?” “Perché bisogna cercare di attirare il voto dell’elettorato diesse”). Quando si dice che “una vignetta è come un editoriale”, si fa alle vignette il torto più madornale. Una vignetta è l’esatto contrario di un editoriale, è un umore parziale e sbilanciato, non nasce dalla volontà di spiegare e approfondire, ma di smascherare e trafiggere, e non è la stessa cosa. Nessun direttore pubblicherebbe mai l’editoriale di un giornalista convinto che “novanta minuti di Cossiga fanno lo stesso effetto di una pasticca di ecstasy”. O che il Papa “è contrario alla pena di morte perché non ha passato il Natale in famiglia”. E nessun editorialista riuscirebbe a liberarsi del suo pensiero complesso fino ad arrivare a sintesi così improprie, e liberatorie proprio perché ci suggeriscono che la complessità, ogni tanto, è solo una gabbia dalla quale evadere. Il meccanismo comico di Elle Kappa è tra i più micidiali in circolazione, e se lo è (quasi) ogni giorno, da anni, indipendentemente dai materiali (a volte scadenti) che la cronaca fornisce, significa che il punto di vista è così acuminato, la vis polemica così collaudata, che Elle Kappa è in grado di far sortire scintille anche da quell’erba bagnata che è così spesso la politica italiana. Quale sia esattamente questo meccanismo, è un mistero anche per chi, come chi scrive, ha lunga pratica satirica. Ha a che fare, sicuramente, con l’ésprit de geometrie, è pura logica e poi, semmai, puro gusto di distorcerla. Certo, come lavoro preparatorio, prevede uno sguardo attento e paziente sulla cronaca, sulle parole altrui, sulle psicologie dei protagonisti. Il rischio, in quella fase, è quello del disorientamento, è farsi troppo coinvolgere dalle diverse opinioni e dalle diverse ragioni. L’abilità sta tutta nell’individuare (a costo di farlo arbitrariamente) dove sta l’arrosto in mezzo a tutto quel fumo, qual è il succo di quella dilagante sbobba. Elle Kappa, in questo, è invincibile: non per caso sono celebri le sue cronache congressuali, nelle quali mostra di saper portare a sintesi quelle inaudite alluvioni di parole che sono i congressi di partito. Lei, il succo, sa sempre dove trovarlo, e se non lo sa si fa aiutare dai suoi sani, vigorosi pregiudizi. Poi versa quel distillato nella sua provetta, agita bene, e infine ci propina, in due battute, due gocce di veleno. Non è, insomma, quel che si dice una mediatrice, né una che produce buonumore consolatorio. E’ cattiva, molto cattiva, come può essere solo chi pretenderebbe il buono, e non trovandolo impugna una matita e va all’assalto» (Michele Serra, “la Repubblica” 17/5/2002).