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 2002  giugno 04 Martedì calendario

RICCOBONO Eva

RICCOBONO Eva Palermo 7 febbraio 1983. Modella • «È il prototipo della valletta straniera: bionda, occhi azzurri e misure mozzafiato. Ma la carta d’identità di Eva Riccobono, professione modella e spalla di Fiorello in Stasera pago io, lo show (circa 8 milioni di spettatori a puntata) del sabato sera di Raiuno, parla italiano. “Sono siciliana - dice sfoggiando un’elegante erre moscia -, nata a Palermo da mamma tedesca e quindi con l’aspetto da straniera. Metto d’accordo tutti […] Quando apro la porta di un’agenzia di modelle vedo molte ragazze più belle di me. Quello che ho ottenuto lo devo al mio carattere: se ti impegni ce la fai […] Non volevo fare tv, non la sento come mia. Fiorello mi ha chiamata dopo avermi vista in un servizio su “TvSette”: mi ha convinta facendomi capire che non sarei stata la valletta che porta il microfono, ma che avrei avuto spazio […] Mi piacerebbe lavorare con Giuseppe Tornatore, mi piace il suo modo di raccontare le storie» (Andrea Laffranchi, “Corriere della Sera” 16/5/2002) • « [...] “Apro ‘Sette’ e vedo una mia fotografia con un titolo che dice che sono la nuova Laetitia Casta. Rimango impietrita: non ne sapevo nulla! E da lì è nato tutto” [...] era una bella ragazza siciliana, che viveva nella sua città, a Palermo, senza i pruriti di particolari ambizioni. Poi, nel settembre 2001, decide di trasferirsi a Milano e tutto succede molto in fretta, come in un film o, appunto, in una favola. È scoperta e lanciata da Fiorello, riscuote la sua parte di successo nello show del sabato sera, diventa famosa, è individuata e ingaggiata per il nuovo calendario Pirelli. A diciannove anni, è considerata la nuova stella - la più promettente - nel mondo della moda e della televisione. “A Fiorello è successo quello che era successo a me. Un giovedi, sfogliando le pagine di ‘Sette’, ha scoperto la mia fotografia. Ho saputo che gli sono piaciuta subito, e poi lui mi ha raccontato che sono piaciuta a tutti, alla moglie, alla mamma, alla sorella, all’autore del suo programma, Solari. Tutti concordi: Fiorello cercava una ragazza italiana per il suo show, e quando io neanche lo sapevo, grazie a quella fotografia ero stata scelta proprio io! [...] Sono una ragazza diversa. E, in questo caso, la mia diversità sta nella fortuna. Ammetto di essere molto fortunata”. Accidenti se è diversa, a colpo d’occhio. Siciliana, ma bionda, con occhi chiari: sembra svedese o inglese, magra, alta, seno minimo. Parla con la erre moscia, ma con un accento siciliano non forte e tutt’altro che fastidioso, però marcato, un segno di identità. “La mia fortuna” prosegue “è stata quella, ad esempio, di incontrare grandi fotografi quasi da adolescente. E di essere piaciuta. È stato Chico Paladino, un mio amico che fa il producer di moda, a farmi incontrare Marco Glaviano, il fotografo di Cindy Crawford e di altre top model. E poi ho conosciuto Bruce Weber, il più grande nel mondo. E vorrei citare anche Tino Vacca…” Un tripudio di fotografi e fotografie. Lancio decisivo, sembra di capire. “Sì. Difatti, a Milano - quando scelsi la mia agenzia – tutti rimasero stupefatti perché avevo già lavorato con alcuni tra i fotografi più ambiti. E così Bruce Weber, che già mi conosceva, mi ha scelto per il calendario Pirelli. Una concatenazione di coincidenze [...] da bambina ero attratta dalle malattie e soprattutto dalle terapie, mi sentivo una crocerossina. E poi, crescendo, mi attraeva sempre di più osservare, capire come una persona è fatta dentro, ovviamente come sono fatta dentro anch’io. Quando c’è un problema, non ci si può limitare a considerare il problema in sé, ma bisogna capire quale sia la radice: si scopre sempre qualcosa legato al passato [...] mi piacerebbe comunque un futuro nella medicina. [...] Per me [...] la bellezza non è motivo di orgoglio. È fondamentale il cervello e io voglio dimostrare di avere un cervello: desidero essere presa in considerazione per il mio cervello. Non mi lusinga sentirmi dire: caspita come sei bella. Mi piacerebbe sentirmi dire: sei intelligente. E purtroppo una bella donna, e le donne in genere, sono valutate ancora più per il corpo che per le risorse intellettuali. Siamo, ancora, sottovalutate. Se qualcuno mi considera bella, i complimenti vanno fatti ai miei genitori, non a me, non ho nessun merito io…” [...] Sono una meticcia. Lei è tedesca, Elizabeth, e lui, Giacomo, è siciliano. E c’è anche l’aggiunta di un nonno, Nicola, che a Palermo chiamavano ‘u tidiscu’, perché era un vero rappresentante di un ceppo normanno…E io assomiglio alla mamma e al nonno. Le mie sorelle invece sono bellezze mediterranee. Poi c’era un fratello, anche lui di fattezze nordiche, morto a diciannove anni, quando io ne avevo appena due. [...] Sono alta, magra, bionda, parlo con la erre moscia e ho un accento siciliano. Tanto è bastato per chiedermi, fin da bambina: chi sono? e da dove vengo? [...] A nove, dieci anni. Le mie amichette mi dicevano: non camminare vicina a me, sei troppo alta. Nelle fotografie, la testa della spilungona che sbucava su tutte era sempre la mia. [...] Ero educata con principi e valori siciliani, tradizionali, ma anche con la libertà concessa dalla impostazione culturale di mia madre. A tredici anni, se volevo, io potevo partire, viaggiare. Ma con chi? Le altre ragazze, da sole, neanche uscivano di casa. [...] Con mia mamma ho un rapporto bellissimo, le ho sempre detto tutto. Le chiedevo: perché sono diversa? Perché non sono nata in Germania? E lei mi diceva che il disagio sarebbe stato uguale, per noi meticci… [...] a 17 anni andai da uno psicologo. Anche questa, in fondo, una diversità. Perché se una ragazza siciliana ricorre allo psicologo, il rischio immediato è che dicano: cosa sei, sei pazza? Per le abitudini di mia madre, invece, era normale sentire il parere di uno psicologo. [...] Ho un bellissimo rapporto con la mia famiglia e la mia infanzia è stata felice. [...] la prima esperienza sessuale. [...] A quattordici anni. Devo dire che credo di avere un bel rapporto col sesso. E la prima volta è stata bellissima.[...] Con questo fidanzatino, e altri amici, siamo andati da Palermo a Marsala, dove c’era un concerto di Jovanotti. Canzoni d’amore, una sera dolce e romantica, ricordo anche il giorno, il 29 aprile… Trovai una scusa per la mamma, le dissi che mi fermavo a dormire da un’amica… [...] In casa di amici, dormimmo in letti separati. Poi, al mattino presto, all’alba lui entrò nel mio letto. E fu una cosa bella e romantica, dolce, né dolorosa né imbarazzante. Ne ho un ricordo felice. [...] Aveva sedici anni. Insomma, due ragazzini abbracciati e felici che scoprono insieme qualcosa d’importante. [...] la mamma? Le raccontai subito tutto e lei mi diede i soliti consigli, le precauzioni, la necessità di una visita ginecologica…[...] sono insicura e desidero essere sempre rassicurata. Anche la tivu mi faceva paura. Quando Fiorello mi ha chiamata, non volevo andare neanche al provino: no, no e no, dicevo. Ma poi è stato facile. Perché Fiorello è davvero una bella persona, molto umile, proprio la persona che tutti vorrebbero come vicino di casa. Gentile con tutti. E umile. E quando sbaglia o qualcuno sbaglia, ha la prodigiosa capacità di trasformare l’errore in spettacolo. Ho imparato tanto, guardando le sue prove. È vero, Fiorello. E la gente capisce, sente che è vero, mai falso. [...] non mi sento e non mi sono mai sentita bella, veramente. Da bambina, addirittura, mi sentivo bruttarella. Avrò belle gambe, sono alta, ma ho scarso seno: bella in Italia è considerata una donna carnosa, innanzitutto. [...] a me sessualmente, e comunque in amore, piacerebbe essere dominata. Quanto a me, vorrei sedurre con lo sguardo, l’intelligenza, le allusioni. La sensualità non è una maglietta sollevata, la nudità spudorata, ma il modo di parlare, di muoversi: come sorridere, come accavallare le gambe… Quando indago su di me, un modello di riferimento è Lolita. [...] Mi vedo come Lolita perché è una bambina difficile, ha il corpo infantile, ma la mente e gli approcci psicologici sono complessi: ha malizie seduttive e femminili da adulta. Con una finta ingenuità. [...]”» (Cesare Lanza, “Sette” n. 30/2002).