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 2002  giugno 04 Martedì calendario

Vivenza Vittorina

• Villalba (Caltanissetta) 6 giugno 1912 • «È stata la prima azzurra dell’atletica a vincere una medaglia in una competizione internazionale, un bronzo nel disco, lancio di metri 35 e centimetri 23, Praga, 7 settembre 1930. Era l’epoca dell’ostracismo quasi assoluto nei confronti delle donne. Era l’epoca in cui Pierre de Coubertin, il barone dei Cinque cerchi, poteva orgogliosamente dichiarare di essere contrario all’ingresso delle donne nell’Olimpiade. Ma era anche l’epoca in cui una gagliarda donna bretone, Alice Milliat, spopolava come suffragetta dello sport femminile e organizzava rivolte antimaschi. […] E infatti, nel 1928, quando all’Olimpiade di Amsterdam le atlete sancirono la definitiva caduta del muro discriminatorio partecipando a cinque prove di atletica (in precedenza, quasi clandestinamente, tenniste e golfiste, pattinatrici e veliste, nuotatrici e tuffatrici, si erano affacciate all’Olimpiade), furono 290 le donne present, ”contro” 3014 uomini. Vittorina Vivenza, ad Amsterdam, c’era. ”Avevo sedici anni appena - racconta - e ricordo quel lunghissimo viaggio in treno e la sistemazione su una nave che si chiamava Solunto . Gareggiai nella 4x100 insieme a Luisa Bonfanti, Giannina Marchini e Derna Polazzo: arrivammo seste in 53”6, in un clima ancora ancora piacevole, fresco, veramente sportivo. Anche nei confronti di noi ragazze. Qualcosa in quegli anni si stava smuovendo. E pensare che qualche mese prima fui denunciata al vescovo di Aosta perché andavo al campo di allenamento in calzoncini”. Figlia di un maresciallo dei carabinieri di Ivrea, mamma di Aosta, la signora Vittorina è nata per caso in Sicilia (dove papà era in servizio, ”nel covo dei briganti”). A due anni era già tornata a casa, tra i monti valdostani, e fu lì a cominciare la sua carriera di atleta. ”Non era facile essere un’atleta, a quei tempi. Io studiavo alle magistrali e mi allenavo. Ho praticato nuoto, sci, pattinaggio su ghiaccio, scherma. Non avevo neanche 14 anni quando scoprii la corsa. Una settimana di prove e poi, il 26 maggio 1926, la prima gara, gli 80 metri a Stresa. Partivano tutte all’americana, accucciate, tranne me, che scattavo all’inpiedi. Eppure vinsi. C’è una foto, potete pubblicarla, io sono quella a sinistra vestita tutta di nero. Nessuno mi conosceva”. […] ”La creazione dei Giochi femminili consentì alle donne di avvicinarsi all’Olimpiade - ricorda -. E fu un passo importante per l’emancipazione della donna”. Oggi la signora dell’atletica, che ha avuto nove figli ed è circondata da 14 nipoti e 16 pronipoti, che ha conosciuto Paavo Nurmi, che smise l’atletica a 19 anni perché incontrò un bellissimo ingegnere di nome Egisippo, tiene nel cuore le medaglie d’oro conquistate nell’atletica e donate alla Patria nel ”35. Erano 102. Oggi sopravvivono in una foto che occupa il posto d’onore sopra il comò» (Claudio Colombo, ”Corriere della Sera” 16/5/2002).