Varie, 7 giugno 2002
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Connors Jimmy
• Belleville (Stati Uniti) 2 settembre 1952. Ex tennista. Vinse gli Australian open 1974, Wimbledon nel 1982 e nel 1984, gli Us Open nel 1974, 1976, 1978, 1982, 1983. Ha perso quattro finali di Wimbledon (1975, 1977, 1978, 1984), due finali degli Us Open (1975, 1977), una finale degli Australian Open (1975). Al Roland Garros non andò mai oltre le semifinali (1979, 1980, 1984, 1985). Il 29 luglio 1974 raggiunse il primo posto della classifica Atp. In doppio, facendo coppia con Nastase, vinse Wimbledon nel 1973 e gli Us Open nel 1975, mentre perse la finale del Roland Garros nel 1973 • «[...] un papà messo presto in fuga dalla diarchia matriarcale composta da mamma Gloria Thompson, e nonna Bertha Thompson, denominata Two Mom. Maestre di tennis, le due gli mettono una racchettina tra le mani a due anni, e il piccolissimo mancino altro non può che divenire bimane. Cresce tirando pallate e andando il meno possibile a scuola, e inizia nel 1972 una carriera che diverrà lunghissima, la più lunga del tennis professionista, sino a quarantaquattro anni, nel 1996. Durante tutto questo tempo, Bud Collins, suo biografo, mi assicura che Jimmy vince 109 tornei dei 401 giocati, con una percentuale di vittorie dell’82,4 per cento su 1222 match. Dei successi, i più importanti sono ovviamente gli otto Grand Slam, ben cinque US Open - uno sull’erba, uno sulla terra, tre sul duro - due in Australia - erba - e uno a Wimbledon. Gli manca, si nota subito, Roland Garros. Il suo stile alla baionetta, ”tout son corp a son revers attaché” scrisse il grande Blondin, gli avrebbe forse impedito di trionfarci anche nell’anno solare della sua carriera, il 1974, in cui strappò i tre quarti di Slam. Il quarto Slam, Parigi, gli venne inibito per una delle inesauribili liti con lo establishment, quando preferì il dio dollaro al conformismo, in una faida tra le Federazione Internazionale e il Team Tennis, iniziativa yankee che tentava di trasformare il gioco in una baracconata intercity a squadre, con cambi di giocatori, e ululati sugli spalti. Quella lite non fu meno emblematica di un comportamento a dir poco insolito sui campi, un modo di essere che definire estroverso sarebbe insieme eufemistico e minimalista. Jimmy fu infatti il primo a ribellarsi alle regole del tennis, il primo a disconoscere totalmente il fair play. Fu il primo a tentar di influenzare gli arbitri, terrorizzare i giudici di linea, provocare gli avversari, incitare gli spettatori. Da osservatore professionista trasecolai, all’inizio, nel vederlo in un gesto incredibile, la racchetta brandita nella sinistra come un’arma, e la destra atteggiata a ricoprire la zona pubica, il corpo inclinato all’indietro, quasi lo reggesse un’invisibile presenza infera. Fu davvero capace di tutto il peggio, Jimmy, dagli insulti degni del Ku Klux Klan a quel gentiluomo di Ashe, colpevole di esser nero, allo storico furto al nostro Barazzutti, nella semifinale di Forest Hills del 1977. Si giocava quell’anno sulla terra verde, lo US Open, e Corrado sbagliava un colpo ogni due giorni. In seria difficoltà nel primo set, Connors arrivò a cancellare con la suola la traccia di un colpo vincente del nostro Soldatino, e aggredì il vecchio arbitro Jack Starr, per imporgli di avallare quel suo gesto da espulsione. Un’altra volta, opposto al suo nemico-amico Ilie Nastase, gli rivelò la notizia del grave terremoto verificatosi a Bucarest pochi minuti avanti: sconvolto, il rumeno non mise palla in campo. Potrei continuare per una pagina intera, menzionando tra l’altro tutti i suoi rifiuti a schierarsi in Davis. Ma par giusto ricordare gli ultimi gloriosi fuochi di Jimmy, ormai soprannominato Jimbo, i suoi eroici match in notturna a Flushing Meadows, quel che divenne l’autentico palcoscenico di un attore che aveva definito, anni prima, New York una città di guano. A trentanove anni, partito da wild card e dal numero 174, Jimmy risalì due set down sommergendo di insulti Patrick McEnroe, il fratello buono di Mac. Fece poi fuori due ottimi tennisti quali Schapers e la testa di serie n.10 Novacek. Risalì da 2-5 nel quinto contro Krickstein, non tralasciando atroci commenti sulla confessione ebraica dell’avversario. E infine marciò letteralmente sui piedi di Paul Haarhuis, per approdare alle semifinali, a trentanove anni, eguagliando il record di Ken Rosewall. [...]» (Gianni Clerici, ”la Repubblica” 27/12/2004) • «[...] Era un paranoico che - secondo il medico francese Talbot - aveva trovato nel tennis una via di fuga dalla nevrosi. Non solo Jimmy Connors credeva di individuare nell’avversario un nemico, a simbolo del mondo, ma la disperata necessità di affermazione lo costringeva a prescindere da ogni regola scritta, da ogni consuetudine sportiva. Lo soprannominai l’Antipatico, e non mi limitai a scriverlo, ma ebbi occasione di farglielo sapere, a brutto muso, perché fuori dal campo quell’ossesso si trasformava, se non proprio in un agnello, in un pavido. Da quel giorno, il nomignolo non lo lasciò più, almeno in Italia. Negli States i miei colleghi erano certo d’accordo, ma il puritanesimo e il rischio di una querela per diffamazione limitavano il soprannome al privato. [...]» (Gianni Clerici, ”la Repubblica” 25/1/2005).