Varie, 7 giugno 2002
COTRONEO
COTRONEO Roberto Alessandria 10 maggio 1961. Critico letterario • «Dicono che al liceo scientifico di Alessandria fosse un agitatore di sinistra. Dicono che l’eco suscitata dalla sua rubrica ”All’indice”, pubblicata sull’’Espresso”, lo abbia reso interessante. Dicono che abbia stroncato qualsiasi oggetto fuoriuscente dalle case editrici, compreso un quaderno a quadretti. Dicono che, da piemontese, abbia pensato che la letteratura andasse trattata come il Barbaresco: bisogna sbariccarla; per diventare grandi scrittori, cioè, occorre prima occuparsi di musica classica (quasi come Baricco) e poi diventare imparati ad occuparsi di critica letteraria (quasi come Baricco) e questo se possibile sui giornali di Carlo De Benedetti (quasi come Baricco) e insomma alla fine sparare tre romanzi in quattro anni (quasi come Baricco) e vincere qualche premio predisposto dalla gang degli altri critici (quasi come Baricco) e vendere qualche libro all’estero (quasi come Baricco) e farsi editare anche negli Oscar Mondadori (come Baricco). Vanta tuttavia tre meriti. Primo ha detto che è assurdo che in Italia non esistano le opere complete di Francesco Petrarca o Tommaso Campanella, ma quelle di Lalla Romano sì. Secondo: dopo aver letto la quarta di copertina del Jack Frusciante di Enrico Brizzi (’passioni roventi si agitano nel suo cuore sbarbo”) ha preso il libro e lo ha spatasciato contro il muro. Terzo: è stato coerente, perché dopo aver stroncato qualsivoglia catafascio italico, compresa una cartina della Liguria, ha detto che si sarebbe occupato solo di letteratura straniera. E l’ha fatto. Semiolino nipote, è più bravo dello zio Eco» (Pietrangelo Buttafuoco, ”Dizionario dei nuovi italiani illustri e meschini”, 10/10/1998). «[...] In Italia Roberto Cotroneo, scrittore e giornalista, è stato tra i precursori del genere ”critica dura senza paura” firmando sul Sole 24 Ore stroncature anche eccellenti con lo pseudonimo Mamurio Lancillotto. [...] ”Non è vero che la stroncatura cattiva serve a fare carriera, forse questo può valere nell’America puritana o nella Francia della grande tradizione critica, ma non in Italia. Qui da noi tutti scrivono romanzi, stroncarli vuol dire crearsi tanti nemici, non solo gli autori ma anche l’entourage. Se poi lo scrittore è un grande, allora sei finito. Una prova? L’Italia è l’unico Paese dove alle presentazioni non c’è mai una voce critica, l’autore si porta sempre e solo amici”. Allora la stroncatura non ha più senso? ”Lo avrebbe se fossimo ancora ai tempi di Bellocchio e dei suoi Quaderni piacentini o di Vittorini che rifiuta il Gattopardo, quando insomma la critica era ancora ideologizzata. Le critiche astiose e cattivelle da maestrine non hanno più alcuna ragione di esistere”. Che fare, dunque? ”Ha ragione Citati quando dice di non volersi occupare dei libri che non gli piacciono. Per parte mia, preferisco guardare oltre, parlare di libri che hanno un significato che va al di là della semplice letteratura: ad esempio ho scritto del Codice da Vinci in quanto bestseller o dell’ultimo libro di Nove perché è interessante socialmente”. Non resusciterebbe Mamurio Lancillotto? ”No, aveva senso allora (1988-1989, ndr), quando era appena scoppiato il fenomeno Eco, quando la letteratura sembrava essere diventata un affare. Ora, con gli spazi sempre più ridotti anche sui giornali, meglio parlare del buono che c’è”» (Stefano Bucci, ”Corriere della Sera” 2/6/2006).