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 2002  giugno 07 Venerdì calendario

Loach Ken

• Nuneaton (Gran Bretagna) 17 giugno 1936. Regista. Palma d’oro a Cannes nel 2006 (The wind that shakes the barley). «[...] si dichiara tuttora comunista, fa bellissimi film con una passione politica e civile che da un po’ sembrava passata di moda. [...]» (Natalia Aspesi, ”la Repubblica” 29/5/2006). «[...] Nella sua opera omnia con cui, da Poor cow e Family life in poi, è andato a rovistare nell’attualità del mondo menando giusti ceffoni, Loach ha sempre diviso il mondo in buoni e cattivi. Ha preso a cuore – e con un cuore di cinema – i conti in rosso delle famiglie proletarie con memorabili titoli come Riff raff, My name is Joe, Piovono pietre, arrivando all’amore multietnico nel recente Just a kiss. I suoi sono western sindacali con la segnaletica e finali aperti. ”Oggi mi interesso di politica in modo diverso da ieri, credo che la violenza sia un passaggio intermedio, la reazione della gente alla giustizia negata”. Infatti Loach è un cineasta davvero militante. Non va solo a promuovere i suoi film nelle occasioni mondane ufficiali, ma arriva a Terni per discutere, con l’amico Benigni, con gli operai di un’acciaieria [...] Insomma, fa un cinema e una vita da marxista storico [...]» (Maurizio Porro, ”Corriere della Sera” 29/5/2006). «A trent’anni, venuto dai sobborghi operai ma anche da studi a Oxford, si afferma con tre film: Poor Cow (1967), Kes (1969), Family Life (1971). Ha alle spalle il magistero del grande documentario inglese degli anni ”30 e ”40, le lezioni della nouvelle vague francese, la comunanza di esasperazioni con la generazione degli ”arrabbiati”, le teorie antipsichiatriche di Laing e Cooper, ma soprattutto la militanza nei gruppi trotskisti uniti all’interesse per il mondo dello spettacolo e della tv. La conoscenza di questi ambienti gli permetterà di muoversi con grande agilità e senza pause, tra ”arte” e ”merce”. Ha raccontato l’Irlanda del Nord e la politica coloniale inglese, il passaggio deludente di un tedesco da Est a Ovest, il Nicaragua in lotta, i ”chicanos” messicani, la storia passata del proletariato e la guerra di Spagna (nel controverso e antistalinista Terra e libertà). Loach è un internazionalista, ma la sua ispirazione migliore gli è sempre venuta dalla conoscenza del proletariato inglese e dall’adesione alle sue vicende. Il suo sguardo è più convincente quando è più duro e non esita a raccontare la crisi e caduta di un modo di vita, della cultura e i valori di una classe (per esempio Ladybird Ladybird o Paul Mick e gli altri), con partecipazione ma anche con disperazione. Mentre i suoi film più rinomati, pur essendo splendide tragicommedie di vita proletaria sottoposta a tensioni sociali che la spingono in una sorta di dolorosa agonia collettiva (Riff Raff e poi Piovono pietre e il più recente e melodrammatico My name is Joe) denunciano la maniera. Loach è insomma - a volte - troppo dentro il sistema dello spettacolo. Ha però colpi d’ala inattesi e sa ritrovare poesia, crude qualità di cui solo lui sembra avere il segreto, come nel pungente e bellissimo Sweet Sixteen.. E ha raccontato più trapassi, tragedie e verità della società contemporanea vista dal basso di tutti i registi italiani suoi contemporanei messi insieme. Dobbiamo essergliene grati» (Goffredo Fofi, ”Il Messaggero” 3/7/2003).