Varie, 7 giugno 2002
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DeSaintPhalle Niki
• Neuilly-sur-Seine (Francia) 29 ottobre 1930, San Diego (Stati Uniti) 22 maggio 2002. Artista • «Quel che più colpiva, in chi la incontrava per la prima volta, era la differenza tra l’aspetto fisico di lei e l’aspetto fisico delle sue opere. Lei minuta, graziosa, i begli occhi celesti da creatura del nord, la voce sottile, la nebbiolina bianca e malinconica che sembrava avvolgerla; e lì, accanto a lei, di volta in volta materializzate dalla sua strepitosa fantasia e dalle sue saldissime manine, le sue opere, tanto diverse nelle diverse fasi della sua vita e sempre tanto diverse da lei: gigantesche, coloratissime, allegre, scandalosamente provocatorie, violente come fucilate, colanti sangue (carminio) e orrore (nero seppia), graffite con slogan pacifisti urlanti, adatte a figurare in grandi piazze, a riempire imponenti spazi museali, a punteggiare ettari di deserto o di boschi. Figlia di un banchiere, lui francese, americana la madre. Ma il padre aveva perso tutto nel crack del 1929 e si era trasferito con la moglie negli Stati Uniti, lasciando lei e uno dei quattro fratelli in Francia, con i nonni paterni. In qualche modo gli sconvolgimenti affettivi, linguistici e logistici dei primi tre anni di vita lasceranno in Niki (soprannome: all’anagrafe si chiamava Catherine Marie-Agnes) una cicatrice per sempre. Le rimarrà di quell’infanzia confusa una sorta di fame per il fantastico, la ricerca di archetipi giganti, il desiderio continuamente inappagato di concrete certezze, la corazzatura protettiva del proprio io contro il resto del mondo. Si discute da sempre se di un’artista si debbano valutare soltanto le opere o se esse debbano venire come filtrate anche attraverso gli eventi della sua vita. Di lei si può dire con sicurezza che le opere a venire (a partire dai 25 anni, quando cominciò a dipingere dopo un grave esaurimento nervoso) germinarono dai continui scossoni esistenziali sperimentati sino ad allora. stata espulsa da una serie di scuole: in un caso perché dipinge di rosso le foglie di fico sulle statue della scuola. Scrive commedie e poesie, recita a teatro. Lavora come indossatrice, finisce sulla copertina di Life. Scappa di casa a 18 anni e si sposa di nascosto con uno studente di musica. Ritorna in Europa col marito che fonda una rivista letteraria, Locus Solus. Si innamora delle cattedrali gotiche e, a Barcellona, dell’opera di Antonio Gaudí. Poi tutto avviene precipitosamente e quasi contemporaneamente, come in un film a doppia velocità. Dipinge, incontra Jean Tinguely, che diventerà poi il compagno della sua vita, entra nel gruppo dei Nouveau Realistes con sue opere chiamate ”tirassegno”: appende in cima a grandi tele bianche sacchetti di colore liquido e spara ai sacchetti con una carabina da pochi metri di distanza. I sacchetti sanguinano come vittime sulla tela. ”Invece di diventare una terrorista, sono diventata una terrorista dell’arte”, risponderà a chi le chiede il significato di tanti spari. Il direttore del Moderna Museet di Stoccolma, Pontus Hulten, ne è affascinato. Per Niki comincia una stagione di continue invenzioni, tutte con allegro successo di scandalo. Ai festeggiamenti per Salvador Dalí, nel 1961, lei e Tinguely preparano un toro di cartapesta formato naturale che esplode con fuochi artificiali nell’arena di Figueras. Disegna scene e costumi per il teatro, trasforma in sculture colorate gli attrezzi per parchi-giochi dei bambini, crea singolari gioielli, progetta fontane (una sarà costruita davanti al Beaubourg di Parigi) e macchine inutili con Tinguely, scrive e dirige un film, poi fanno un film su di lei. Nel 1966 il superscandalo che la farà conoscere in tutto il mondo. Da qualche tempo costruisce grandi figure femminili coloratissime, che chiama ”Nanà”. E´ il suo modo per meditare sull’animo femminile e sulla condizione della donna. Pontus Hulten gliene commissiona una per il Museo di Stoccolma e lei produce una gigantesca ”Nanà” reclina in cui i visitatori entrano nel museo attraverso la vagina, come in un luna park. Riceve commissioni da tutto il mondo per altre ”Nanà”: ad Hannover ne erigono tre vicino al Municipio, in onore di tre storiche protagoniste della città. Lo straordinario successo del suo lavoro la rende, se possibile, ancora più affamata di assoluto: sogna di poter disporre di un grande terreno dove creare quello che lei, nel 1974, vede come il massimo insieme della sua arte, che chiama ”Il giardino dei tarocchi”. Dopo aver cercato invano in California un luogo che le piaccia, accetta felice l’offerta dei fratelli Caracciolo, cinque ettari di bosco e macchia mediterranea nel Comune di Capalbio. Dal 1979 al 1998, con volontà ferrea e dedicando all’impresa tutto quanto guadagna altrove, erige in mezzo al verde della Maremma, in faccia all’azzurro del Tirreno, una delle più straordinarie opere d’arte di un singolo artista dai tempi di Gaudí, ”Il giardino dei tarocchi”, dominato dalla figura della Papessa, all’interno della quale, come nella placenta di una gestante, Niki vive per lunghi periodi. Una dozzina di artigiani lavora per anni ai suoi ordini, cuocendo ceramiche, erigendo archi, colonne e torri, applicando frammenti di specchi, costruendo giochi d’acqua, intrecciando vegetali e tondini di ferro, terra bruna e colori squillanti in una fantasia surreale in cui natura e artificio si trasformano in meditazione sulla sorte dell’uomo. Completato il ”Giardino” (anche se ha continuato a lavorarci fino all’ultimo), è costretta a cercare per lunghi periodi il clima caldo e secco della California meridionale. In uno dei suoi tanti periodi creativi, in cui lavorava con acidi sui materiali, si è bruciata irreparabilmente i polmoni. Lavora ancora fin quando può, mentre si accumulano le onorificenze, gli omaggi dei musei, le commissioni dalle capitali di tutto il mondo: e, quel che per lei è più commovente, i segni di affetto di quanti l’hanno conosciuta o hanno lavorato con lei» (Gianluigi Melega, ”la Repubblica” 23/5/2002).