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 2002  giugno 07 Venerdì calendario

ZETNIK

ZETNIK K. (Yehiel De Nur) Sosnowiec (Polonia) 16 maggio 1909, Tel Aviv (Israele) 17 luglio 2001 • «Chiamava i lager nazisti ”un altro pianeta”. Nei suoi libri aveva sempre voluto descrivere l’Olocausto nella sua quotidianità più cruda, volgare, orrendamente violenta, sino ad essere talvolta accusato di voler fare una ”pornografia dello sterminio”. In realtà era lui stesso ad ammettere pubblicamente di ”non essere davvero mai più riuscito ad uscire” dai due anni trascorsi ad Auschwitz prima di immigrare a 28 anni in Israele nel 1946. K. Era vissuto tutti questi anni nell’anonimato, voluto e cercato con la disperazione di un trauma impossibile da cancellare, se non scrivendone in continuazione. Persino il suo vero nome resta avvolto dal mistero. In Israele per i pochissimi amici era diventato Yehiel Dinur, ma si dice che la sua famiglia in Polonia si chiamasse Feiner: un grande clan di ebrei ortodossi legato a un’antica dinastia di rabbini praticamente tutti scomparsi nelle camere a gas volute da Hitler. L’eterno sopravvissuto, iniziò a scrivere di nascosto mentre ancora era prigioniero. Arrivato nella Palestina del mandato britannico travestito da soldato inglese, terminò il suo primo libro Salamandra dormendo sulle panchine presso il lungomare di Tel Aviv. Nel 1953 pubblica la sua opera più nota, Casa di bambole, dove gli eccessi nazisti arrivano all’ambiguità delle perversioni sessuali e si soffermano sul gioco del rapporto maledetto tra persecutori e perseguitati. Sette anni dopo pubblica una serie di short stories in L’orologio: storie dell’Olocausto, seguono i romanzi Piepel (1961) e Stella di ceneri (1966). Diventa celebre nel 1961, quando viene chiamato a testimoniare davanti al tribunale di Gerusalemme nel processo contro Adolf Eichmann e sopraffatto dall’emozione sviene nell’aula. Disse allora: ”Ad Auschwitz il tempo scorreva in modo assolutamente diverso che in ogni altro luogo della terra, i residenti di quel pianeta non avevano nomi, non avevano famiglia, erano senza figli, non avevano vestiti, non erano mai nati, la loro identità era un numero”» (Lorenzo Cremonesi, ”Corriere della Sera” 25/7/2001).