Varie, 7 giugno 2002
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Zico Arthur
• Antunes Coimbra Rio de Janeiro (Brasile) 3 marzo 1953. Ex calciatore. Con Diego Armando Maradona e Michel Platini segnò gli anni Settanta e Ottanta. Bandiera del Flamengo, dal 1983 al 1985 giocò in Italia con l’Udinese, in tutto 40 presenze e 22 gol in serie A. Allenatore, adesso sulla panchina dell’Iraq, ha guidato anche Cska Mosca, Fenerbahce, Olimpyakos • «Sesto figlio di José, ex portiere del Vasco da Gama. Due fratelli più grandi, Antunes e Edu, sono calciatori di grido nel Fluminense e nell’America. Comincia nel River di Quintino e nel 1967 arriva il primo cartellino per il Flamengo. Il ragazzino incanta, il pallone gli rimbalza addosso come riconoscente per il suo esistere, poi parte sempre in una direzione: il gol. Peccato che il fisico sia filiforme, con lo sgorbio di una incipiente scoliosi e scapole sporgenti come lamenti a un funerale. Lo prendono in cura il preparatore Francalacci e il medico De Paula, che a suon di bistecche e estenuanti ore ai pesi gli buttano addosso muscoli potenti e flessibili. Debutta al Maracana contro il Vasco ed è vittoria, grazie anche alle invenzioni del numero 10. E’ ribattezzato Zico, “furetto”, ma anche finale del suo diminutivo (Arthurzico, Arturino). Sa disegnare calcio per i compagni, sa affondare direttamente lo stiletto con maligne punizioni, tiri improvvisi, invenzioni paradossali. Nel 1976 debutta in nazionale, segnando all’Uruguay e conquistando la camiseta verdeoro numero dieci, mentre tramonta l’astro di Rivelino. Si parla di “Pelé bianco”, i tifosi lo chiamano “O galinho”, il galletto, per la civetteria della sua eleganza di gioco. I gol fioccano. Solo in nazionale la fortuna gli gira le spalle: nel 1978 il suo mondiale è avariato da un malanno alla coscia sinistra, nell’82 segna e incanta, ma cozza contro l’Italia di Bearzot; nell’86, ripescato dopo tanti infortuni, schizza lampi di sublime, ma inforca un rigore decisivo contro la Francia ed esce a capo chino. Nel Flamengo vince 7 campionati carioca, 4 titoli nazionali, una Coppa Libertadores e un’Intercontinentale, cinque titoli di capocannoniere carioca e due di capocannoniere nazionale. Al culmine della glora, nel 1983, una complicata operazione finanziaria lo porta all’Udinese, con l’ostacolo di una contrapposizione della Federcalcio, superata grazie alla mobilitazione di un’intera regione (“Zico o Austria!”). In Friuli una stagione favolosa (23 partite, 19 gol), poi una serie di infortuni muscolari dovuti al clima e la chiusra dopo appena tre reti in diciassette presenze: con una pesante squalifica per insulti a un arbitro e una condanna della giustizia italiana per reati societari che poi verrà cancellata. Torna al Flamengo e ricomincia a incantare, pur dovendo fare i conti con continui infortuni, dovuti all’artificiosa costruzione del suo impianto muscolare. Dà l’addio al Flamengo nel febbraio 1990. Chiude con 78 partite e 53 gol in nazionale, più 16 non ufficiali con 14 reti. Col Flamengo 730 presenze e 508 gol. Riprende l’attività agonistica in Giappone, dove a 40 anni segna il gol più bello della sua vita: proiettatosi con eccessivo slancio su un cross, supera il pallone, ma recupera con una capriola all’indietro, spedendo faccia a terra in rete al volo il pallone di tacco. Diventa allenatore, vincendo il titolo con il Kashima. Nel 1998 è aiutante del selezionatore Zagallo al Mondiale di Francia» (Carlo F. Chiesa, “Calcio 2000” n. 1/2000).