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 2002  giugno 11 Martedì calendario

Hamilton Tyler

• Marblehead (Stati Uniti) 1 marzo 1973. Ciclista. Medaglia d’oro nella cronometro alle Olimpiadi di Atene (2004). Secondo al Giro d’Italia 2002 (dietro Savoldelli, una vittoria di tappa). Quarto al Tour del 2003 (una vittoria di tappa). Ha vinto la Liegi-Bastogne-Liegi 2003. «Si iscrive alla facoltà di Economia a Boulder, Colorado. Perché è il più promettente discesista universitario, e in Colorado ci sono le Montagne Rocciose, Vail ed Aspen, i luoghi santi dello sci Usa. Un brutto giorno, però, l’avventura sulla neve finisce all’ospedale: si fracassa la schiena, durante una gara. Uno normale penserebbe a laurearsi e basta. Lui no. Smette con lo sci, si laurea e ci prova col ciclismo. Il dottor Tyler vince la prima gara nel 1995. Finirà agli ordini di Armstrong: tre stagioni da ”doméstique”. Anni duri, di fatiche enormi, di ambizioni represse. Ogni tanto rimedia spettacolari ruzzoloni, per riscattarsi con qualche successo. Vuole di più. [...]» (Leonardo Coen, ”la Repubblica” 27/5/2002). «Tra i suivers si è guadagnato la fama di martire della bicicletta. Martire perché [...] concluse un Tour de France con una spalla rotta, colpa di una banale caduta alla seconda tappa. Hamilton finì in terra mentre il plotone viaggiava lanciato a 50 all’ora, si rialzò e sentì immediamente una tremenda fitta alla clavicola. Il suo direttore sportivo capì subito: ”Tyler è finita, siediti che aspettiamo l’ambulanza”. Lui rispose a muso duro: ”Ho già perso troppo tempo, dammi quella dannata bicicletta”. Risalì in sella, rientrò in gruppo e terminò la frazione. Poi cominciò l’impresa. Una fasciatura elastica alla spalla e via: su per Alpi e Pirenei a battagliare con i primi. A chi gli chiedeva del dolore Tyler rispondeva: ”Lo sento, ma ci sono abituato e poi non posso mollare adesso, deluderei i miei compagni di squadra”. In una frazione pirenaica andò via da solo, complice la parziale guarigione della frattura e la benevolenza del gruppo, cavalcò quasi 100 chilometri e trionfò a braccia alzate. Nell’ultima cronometro completò il capolavoro: volò impavido su un asfalto reso viscido dalla pioggia e conquistò il quarto posto in classifica generale, ai piedi del podio. Del resto, pedalare contro il tempo, la lancetta che gira implacabile e tu solo davanti alla strada infinita, è sempre stata una specialità di Hamilton. Almeno da quando, a vent’anni suonati, decise di passare dagli sci alla bicicletta. Tyler aveva addirittura accarezzato il sogno della squadra olimpica statunitense di discesa libera. Ma una terribile caduta gli frantumò il femore e lo costrinse a cambiare volto e colore dei propri sogni. Non più gli sci che segnano la neve e grattano il ghiaccio, ma due pedali, simbolo di fatica e di montagne da scalare, anziché da scendere prendendo a spallate le porte. [...] Da giovane - raccontano - perdeva tempo nella prima parte di gara, ma recuperava nella seconda, quando la maggior parte degli avversari non riusciva più a tirare curve perfette sul manto bianco. [...] Parlare d’Italia apre un’altra pagina delle imprese di Hamilton. [...] Si ruppe la stessa spalla del Tour e continuò lo stesso la corsa rosa. Lì, però gli andò peggio: giunse secondo dietro il Falco Savoldelli, ma rientrato in America andò dal dentista che gli levò dodici denti. Li aveva stretti troppo nelle tappe di montagna e così facendo aveva completamente scombussolato gli equilibri della masticazione. Roba da macho vero, anche se a vederlo, un peperino alto come un soldo di cacio e due occhi azzurri timidi timidi, Tyler assomiglia più a uno scolaretto modello, quello che ha sempre i compiti fatti e all’intervallo mangia la merenda della mamma. Invece lui è uno che dalle merende pronte è sempre scappato in fretta. Faceva il gregario di Armstrong, ma quando capì che poteva giocarsi le sue carte salutò il compatriota. ”Ciao Lance, è stato bello. Da domani dovrai vedertela anche con me”, gli disse nel 2002. Non tutti avrebbero abbandonato i denari sicuri della Us Postal, ma Tyler non ci pensò due volte e l’anno dopo conquistò la Liegi-Bastogne-Liegi con uno scatto da campione. Proprio in faccia al suo vecchio capitano» (Cheo Condina, ”il manifesto” 19/8/2004).