Varie, 11 giugno 2002
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Heppner Jens
• Gera (Germania) 23 dicembre 1964. Ciclista. A lungo in maglia rosa al Giro d’Italia 2002 • «Le basette alte un po’ da sergente e gli occhi celesti che dicono Turingia, fu Germania Est, algido Nord. Infatti, se c’è uno teutonico dall’alluce fino ai polpacci un po’ storti, alle larghe spalle e a quegli occhi chiarissimi, è proprio lui; ma ogni tanto gli salta fuori uno spiritello mediterraneo. ”Se ho nostalgia della mia vecchia Germania Est? Sì, del Muro. Ma no, scherzo”. Un altro morso al prosciutto, un altro guizzo di basette: ”Beh, se parliamo sul serio, di quello Stato io rimpiango il sostegno che dava allo sport. Ancora oggi c’è da imparare, da quello che si faceva lassù”. Ma ”quello che si faceva lassù”, a volte, ha innescato grandi scandali: gli atleti gonfiati, le donne-uomo, le farmacie da Frankestein custodite dai gruppi atletici dei Vopos, la polizia popolare. ”Di queste polemiche si è gia parlato tante volte”, sospira; come a dire: non è il momento di tornarci su adesso, sono mondi tramontati. Lui, nel mondo sportivo della Germania Est, è stato letteralmente allattato, anche se la sua biografia non porta tracce di accuse o sospetti: è infatti nato e cresciuto nella città di Gera, culla di varie dinastie sportive e di altri campioni come la saltatrice Eiche Drechsel, sua coetanea. Viene da famiglia benestante, come si poteva essere benestanti allora in quella parte d’Europa, sotto quel regime: Heppner papà aveva un negozio di formaggi, una vetrina traboccante di mezzelune affumicate a prezzi di Stato (lo ha venduto tempo fa, quando il figlio già collezionava le prime coppe in patria e all’estero). Saltato sui pedali da ragazzino, a 18 anni è già una celebrità nel mondo tedesco-orientale dei dilettanti. Corre con la squadra nazionale di Stato, che poi è l’unica disponibile sulla piazza. Ma non è un tipo grigio, un impiegato delle due ruote come tanti suoi colleghi: lo conoscono, infatti, come un buontempone, uno consapevole dei suoi limiti tecnici ma anche senza complessi né malinconie. Cresce come abile passista, non scalatore né velocista, un atleta costante che sa tirare la volata agli altri, alle primedonne; ma quando poi gli salta il ticchio, sa anche farsi rispettare. Così corre nei campionati mondiali dei dilettanti, vince qua e là. Nel 1991, a Muro caduto, passa fra i professionisti. In tutta la carriera, 25 vittorie» (Luigi Offeddu, ”Corriere della Sera” 26/5/2002).