Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2002  giugno 11 Martedì calendario

Hofmann Corinne

• . Nata nel cantone di Thurgau (Svizzera) il 4 giugno 1960. Imprenditore. « una donna moderna, elegante. Trucco perfetto, capelli color mogano, smalto rosso scuro sulle lunghe unghie. Il suo aspetto raffinato fa sembrare ancora più assurda una storia già ai limiti del credibile. Eppure è tutto vero: donna d´affari di successo, cittadina svizzera, ha vissuto per quattro anni in una capanna fatta di paglia e sterco di vacca nella steppa africana, come moglie di un selvaggio guerriero Masai. Giorno dopo giorno non si è cibata che di carne di capra dura come il cuoio, ha dovuto fare i suoi bisogni tra arbusti pungenti e lavarsi in un fiume. Ride sonoramente. ”Tutti mi credono pazza. La gente pensa che, per fare quello che ho fatto io, bisogna essere pazzi, alternativi, o emarginati”. Non era né l’una, né l’altra cosa. Come migliaia di turisti prima e dopo di lei, andò in vacanza col suo fidanzato a Mombasa, in Kenya, per tre settimane. Tre giorni dopo il suo arrivo, la sua vita cambiò radicalmente. Lo sguardo di un imponente guerriero Masai dalla pelle color ebano, della tribù dei Samburu, la colpì come un fulmine a ciel sereno. Il guerriero dall’aspetto disinvolto, riccamente ornato e dipinto con simboli di guerra, i lunghi capelli raccolti in treccine, coperto solo da un corto panno di colore rosso, stava seduto sul parapetto del traghetto. L’allora ventisettenne svizzera non aveva mai visto uomo più bello. Racconta: ”Attraversammo un fiume a bordo di un traghetto traballante. Il mio compagno Marco disse: ’Corinne, guarda là, un Masai’. ’Dove?’, chiesi io, e guardai nella direzione che mi indicò. Mi colpì come un fulmine. Era là, quest´uomo alto, dalla pelle scura, molto attraente ed esotico, stava seduto sul parapetto del traghetto e ci guardava, noi unici bianchi fra tutti i presenti, ci guardava con quegli occhi scuri. Mio Dio, pensai, non ho mai visto niente di così seducente”. ”Era coperto solo da un corto panno rosso che gli cingeva la vita, tuttavia era riccamente ornato. Una brillante madreperla circondata da perle colorate ornava la sua fronte. I lunghi capelli rossi erano raggruppati in numerose treccine e il suo volto era dipinto con simboli che arrivavano fino al petto, sul quale si incrociavano due lunghe collane di perle colorate, mentre ai polsi portava numerosi bracciali. Il suo volto era così bello da sembrare quello di una donna. Ma il portamento, lo sguardo fiero e la corporatura muscolosa sottolineavano la sua mascolinità. Non riuscivo a togliergli gli occhi di dosso. Così seduto, al tramonto del sole, sembrava un dio”. ”Tra cinque minuti non lo rivedrai mai più, pensai tristemente: il traghetto arriverà a destinazione e tutti se ne andranno via, ognuno salirà sui propri autobus scomparendo in tutte le direzioni. Mi rattristai, e in un attimo sembrò mancarmi il fiato. Accanto a me, Marco interruppe il mio flusso di pensieri. ’Dobbiamo stare attenti a questi Masai, derubano i turisti’. In quel momento non mi interessava nient´altro, pensai febbrilmente a come mettermi in contatto con quest’uomo così bello da mozzare il fiato. Non parlavo inglese, e stare solo a guardarlo non avrebbe portato a niente”. Da quel momento il destino prende la sua strada. In paese incontra nuovamente l’uomo esotico dalla pelle nera, organizza un incontro con lui, lo aspetta e lo trova in una discoteca, poi va nella sua capanna. E infine torna in Svizzera con il suo compagno, ma solo per lasciarlo, abbandonare la Svizzera e tornare per sempre dal suo guerriero Masai in Kenya. Può essere comprensibile che una donna perda la testa per attrazione fisica, tuttavia pianificare un futuro insieme con un Masai, credere di poter vivere con lui nella savana ”fino a che morte non ci separi”, è qualcosa ai limiti della pazzia, o quantomeno è qualcosa di molto ingenuo. E troppa ingenuità non è forse pericolosa? Lei ride ancora più forte. Capisce chi non riesce a capirla. Se qualcuno le avesse previsto un tale amore prima del suo incontro con Lketinga, lei si sarebbe fatta due risate. ”Ovviamente tutti mi hanno sconsigliato, tutti pensavano che fossi impazzita. Ma non ero pazza. Dovevo farlo e basta. E io non mi pento mai di ciò che faccio”. Guardando i suoi occhi verdi e luminosi, le sue mani affusolate ma forti, non si può che crederle sulla parola. Questa donna dal carattere forte non assomiglia nemmeno vagamente alla tipica moglie sottomessa e delusa da un marito di cultura lontanissima da quella occidentale. ”Inoltre - afferma con convinzione - non solo cedetti all’attrazione erotica che esercitava Lketinga su di me. Lketinga è stato il primo uomo con cui mi sentivo felice e soddisfatta, quando lui era lì con me e io stavo seduta accanto a lui. Era una situazione insolitamente bella”. Così bella che per il suo uomo ha dovuto sopportare fatiche sovrumane, ha sofferto la fame e si è ammalata. ”La mia volontà è molto forte - spiega - quando voglio qualcosa di cui sono convinta, riesco a ottenerla”. Niente poteva distoglierla dalle sue intenzioni. Né il fatto che i Masai non conoscano la dolcezza come la intendiamo noi occidentali, né sappiano che cosa sia l’orgasmo femminile e nemmeno la probabilità che un giorno Lketinga avrebbe potuto avere una seconda e magari anche una terza moglie. Dopo aver venduto la sua avviata boutique di abiti da sposa di seconda mano a Bienne e tutti i suoi averi, vola infine dal suo amato. Tuttavia, sebbene abbia annunciato il suo arrivo, di Lketinga non c’è alcuna traccia. Dopo una ricerca durata settimane, finalmente riesce a trovarlo, a 1400 chilometri da Mombasa, nelle steppe settentrionali del Kenya. Per oltre un anno vive con lui e sua madre in una capanna di tre metri per tre, in cui a malapena si può stare in piedi. Il 26 luglio ’88 si sposano a Maralal. Corinne oggi una cittadina keniota e si chiama Leparmorijo. Dopo i festeggiamenti nuziali, che si protraggono per diversi giorni, la coppia si trasferisce in una capanna tutta per loro e anche più spaziosa. A questo punto Corinne è diventata la ”Masai bianca” e deve accettare le usanze tribali. Poco tempo dopo nasce la loro figlia Napirai, che sembra essere il coronamento della felicità della coppia. Tuttavia la vita quotidiana nel paradiso del Kenya non trascorre senza problemi. Malattie pericolose, la fame e infine - non più risolvibili di tutto il resto - i conflitti culturali, rendono la vita della coppia molto difficile. Dopo quattro anni di vita in comune, in cui l’autrice del libro ne ha passate di tutti i colori, il grande amore si incrina definitivamente. ”Napirai mi ha reso la mamma più felice di tutta l’Africa”, afferma. Il fatto che sia riuscita a metterla al mondo sfiora il miracolo. Poco prima della sua nascita, infatti, subisce il terzo attacco grave di malaria e una seria anemia che la riducono pelle e ossa, e i medici si meravigliano che non abbia ancora perso la bambina. Un’alimentazione a cui non era abituata, prevalentemente a base di carne di capra e di pecora, e il duro lavoro l’avevano indebolita. Al suo arrivo in Kenya la ”Masai bianca” aveva preso in mano le redini della propria vita, esattamente come aveva fatto in Svizzera. Con i suoi risparmi aveva affittato un furgone e aperto un negozio di generi alimentari a Barsaloi. In questo modo riuscì a sfamare l’intera famiglia di suo marito. Ma Lketinga non le era di alcun aiuto, non sapeva né leggere né scrivere, né tantomeno sapeva gestire un’attività commerciale. Dopo due anni nella savana, iniziarono i primi scontri. Suo marito sospettava che Corinne lo tradisse con altri uomini, mise in dubbio la sua paternità e cominciò a picchiarla. Alla giovane madre non restò che la fuga. Una fuga mimetizzata da viaggio di riposo in Svizzera, con la promessa di tornare presto. L’unica possibilità di sopravvivere per lei e sua figlia. [...] Corinne ha raccontato tutto nel libro La Masai bianca. stato letto da molte donne anche in Germania. Presto ne verrà tratto pure un film. sempre stata convinta che il suo libro si sarebbe venduto bene, ma non si sarebbe mai aspettata un successo così immediato. E nemmeno le reazioni assolutamente positive. Riceve lettere dai suoi fan, regali, telefonate da persone di altre culture. Tutti sono entusiasti, meravigliati. Le maldicenze e le condanne per adesso le sono state risparmiate, anche se se le è sempre aspettate e, per proteggere sua figlia proprio da questo, è sempre stata titubante se inviare o meno il suo manoscritto a una casa editrice. L’idea di scrivere la sua esperienza di vita vissuta in Kenya le è stata suggerita dai suoi amici. Ogni qualvolta raccontava loro qualcosa di quel periodo, questi la incoraggiavano a trasformare la sua storia in un libro. E un giorno, cinque anni dopo il suo ritorno, scrisse di getto le prime venti pagine. L’incantesimo si era spezzato. Sera dopo sera ha raccontato il suo amore, dal profondo del cuore. ” stata come una ricerca. Ero nuovamente in quell’altro mondo, ho dovuto rivivere tutto”. ”Quando ho finito di scrivere sono scoppiata in un pianto a dirotto durato due, tre ore. E ho capito che il manoscritto era pronto”. [...] Mantiene i contatti col Kenya mediante un fratello di Lketinga. Per evitare che venisse a sapere del libro da altri, lo ha informato lei stessa. Invia regolarmente denaro a lui, alla suocera, alla sua seconda moglie e alla loro figlia. Sarebbe felice di poter rivedere Lketinga, ma sa che non è possibile. divorziata in Svizzera, ma non in Kenya. Certamente potrebbe recarsi in Kenya, tuttavia Lketinga non lascerebbe mai ritornare in Svizzera né lei né sua figlia» (’La Stampa”, 26/5/2002).