11 giugno 2002
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Murcutt Glenn
• . Nato a Londra (Gran Bretagna) il 25 luglio 1936. Architetto. Considerato il pioniere dell’architettura «sostenibile», è particolarmente attento alla riduzione dell’impatto degli edifici con il paesaggio circostante. Nel 2002 ha vinto il premio Pritzker, considerato il Nobel dell’architettura (’Corriere della Sera”, 28/5/2002). «Non risponde a nessuno dei canoni che hanno costruito la fama di architetti come Foster o Gehry. La sua è un’architettura alla piccola scala, che privilegia il tema della residenza, portata avanti senza bisogno di studi professionali complessi e sofisticati tecnologicamente. [...] Non è un nostalgico, non sposa certo una poetica del locale, anche se la sua attenzione ad un’architettura australiana che con difficoltà si può definire tradizionale, è continua. Le sue architetture sono sofisticate indagini che intersecano molte ricerche inglesi e scandinave sulla residenza suburbana. Sono soprattutto due temi, montati speso con grande originalità a caratterizzare la sua progettazione. I volumi come forme semplificate geometricamente ma in cui è la combinazione a definire una forma mai banale della casa, di cui l’esempio migliore resta la casa Nicholas a Mount Irvine (1977-1980). La distribuzione degli spazi interni, rigorosa, spesso al limite del funzionalismo, è segnata dalla, sia pur parziale corrispondenza di funzione e volume che lo segnala, come nella casa Magney a Bingie Point (1982-84). Una ricerca di un rigore formale e distributivo che si ritrova anche nelle progettazioni non residenziali, come nello splendido e rigoroso Museo di Storia Naturale di Kempsey, inaugurato nel 1981. Le sue architetture sono certo una sfida, ma non tanto per la scala, i materiali, le forme della loro progettazione. Sono architetture lineari e costruite con grande sapienza compositiva, sono spazi funzionali, organizzati seguendo tradizioni della modernità razionalista, non solo ottocentesche (e non certo australiane) nella distribuzione degli stessi. [...] La sua è un’architettura locale internazionalmente, coloniale ma quando viene ripresa in Europa. La sua fortuna rivela quanto le culture europee sanno ancora leggere malamente ciò che è avvenuto nelle loro colonie. Di lui si coglie l’ecologismo, il rispetto dell’ambiente, la capacità di inserimento paesistico. In realtà la sua è un’architettura sofisticata e geometrica, scomposta per parti e volumi e governata dalla distribuzione, non dall’immagine» (Carlo Olmo, ”La Stampa” 9/7/2002).